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Fegato in miniatura 3D per la personalizzazione della terapia

staminali Fegato

TOKYO (JP), agosto 2019 — Il fegato umano è un organo vitale coinvolto in funzioni multiple. Siccome la suscettibilità del paziente alle terapie epatiche varia da soggetto a soggetto, i ricercatori del “Cincinnati Children’s Hospital Medical Center (CCHMC)” e della “Tokyo Medical and Dental University (TMDU)” hanno ideato un modello di fegato che consente di personalizzare la terapia.

In uno studio che sarà presto oggetto di pubblicazione su Cell Metabolism, un team internazionale di ricercatori ha sviluppato organoidi di fegato umano comprendenti diverse popolazioni epatiche che rappresentano la funzionalità del fegato, dai geni alle proteine espresse. Sono stati in grado di creare i fegati in 20 giorni combinando culture cellulari con diverse popolazioni di cellule in crescita a partire da cellule staminali retro-indotte che sono in grado di trasformarsi in tutte le popolazioni cellulari necessarie.

I ricercatori sono stati in grado, addirittura, di generare una patologia epatica, la steatoepatite in questi organoidi che è poi stata confermata dall’accumulo di grasso e dall’incremento dell’espressione di proteine infiammatorie con conseguente induzione di fibrosi, ti piche del fegato danneggiato.

Lo scopo di questo lavoro è di poter produrre una risposta farmacologica personalizzata per il paziente che abbia efficacia sull’organoide in vitro per poi essere adottata nella cura epatica.

“Usando un microscopio a forza atomica, abbiamo anche misurato la durezza del fegato che è un indice della fibrosi” dice Shodai Togo, Ph.D., autore del lavoro. “L’abilità di riprodurre il quadro patologico nell’organoide ci consente di strutturare una terapia mirata sul paziente e di capire i sintomi”

Un altro traguardo è stato quello di simulare organoidi malati da pazienti con malattia di Wolman. “Questi pazienti sono deficienti per un enzima coinvolto nella catena dei grassi, dando quindi accumulo di grasso in vari organi ivi incluso il fegato” sostiene il co-autore Rie Ouchi, Ph.D. “abbiamo poi provato a trovare due linee terapeutiche da testare sugli organoidi malati di Wolman”.

Attualmente le cure per la malattia di Wolman sono molto costose, questo nuovo modello di studio aiuterà a abbattere i costi e a rendere la terapia molto più accessibile. Come spiega Takanori Takebe, M.D., “Questa nuova strategia è riproducibile in vitro e consente un’indagine precisa e personalizzata dei meccanismi patologici consentendo peraltro di individuare la migliore cura disponibile per quel paziente”.

Fonte:http://www.tmd.ac.jp/english/press-release/20190802-press/index.html
DOI: 10.1016/j.cmet.2019.05.007

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