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Studio di fase II/III per il diabete e le cellule staminali

cellule staminali

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Dalla fase preclinica siamo passati finalmente alla clinica per l’uso delle cellule staminali nel diabete di tipo 1. “Oggi – come spiega Lorenzo Pie­monti, direttore del Diabetes Re­search Institute dell’Ospedale San Raffaele di Milano e dello Human Islet Transplantation Programme, uno dei pionieri del trapianto di isole pancreatiche e di staminali – nessuno ha ancora dimostrato che le cellule staminali siano in grado di guarire il diabete negli essere umani (ma solo in studi preclinici). Ma siamo in una fase in cui abbia­mo visto che le cellule beta derivate da staminali, sopravvivono nell’or­ganismo e producono insulina”.

Nelle persone con diabete di tipo 1 e nelle forme più avanzate del tipo 2, le cellule beta delle isole di Lan­gerhans all’interno del pancreas non producono più insulina. Nel caso del diabete di tipo 1 la causa è nel si­stema immunitario stesso, che non riconoscendo queste cellule come un qualcosa di interno all’organismo, le attacca fino a distruggerle. Piemonti spiega: “Se potessi avere le cellule beta invece di qualsiasi terapia sarebbe la soluzione migliore, perché svolgono il loro mestiere di produrre insulina in maniera perfet­ta. Perciò lavoriamo sui sistemi che vanno o a preservare le cellule beta an­cora funzionanti, o su approcci di so­stituzione, per esempio con le cellule staminali, uno di quelli su cui stiamo lavorando di più. Noi in collaborazio­ne con l’University Hospital of Vrije Universiteit Brussel (Vub), siamo stati il primo gruppo in Europa – e per ora l’unico – a impiantare cellule stami­nali pluripotenti per la terapia del dia­bete di tipo 1”.

Uno studio di fase 1 è stato avviato a gennaio del 2019, dal Center for Beta Cell Therapy in Dia­betes – coordinatore di un consorzio internazionale sulla medicina tra­slazionale nel diabete di cui fa parte anche il centro del San Raffaele – in collaborazione con ViaCyte, società di medicina rigenerativa, e con il so­stegno di Horizon 2020. Uno studio complementa­re a un altro simile già avviato negli Usa e in Canada dalla stessa Viacyte nel 2017, per i pazienti ad alto rischio che sono in lista di attesa per i trapianti di donatori.

Il trial di fase I aveva lo scopo di verificare la sicurezza di un prodotto di cellule progenitrici pancreatiche incapsulate (PEC-Direc, noto anche come VC-02), della stessa company, progettato per sostituire le cellule beta e impiantato sottocute nei pazienti con diabete di tipo 1 a una dose subterapeutica.

Lo studio di fase I/II serve per testarne la tossicità e valutare se le cellule che sono all’interno del device sopravvivono nel tempo. Si impianta­no diversi dispositivi e poi si tolgono a tempi predefiniti, per vedere cosa suc­cede alle cellule al loro interno. Gli ultimi dati sui trial in corso sono stati presentati lo scorso ottobre, in occasione del Cell & Gene Meeting on the Mesa, che si è svolto in California da ViaCyte.

“Mentre l’ottimizzazione della procedura con­tinua – aveva riportato l’azienda in una nota – i dati preliminari mostra­no che le cellule impiantate, quando efficacemente innestate, sono in gra­do di produrre il peptide C circolan­te, un biomarcatore per insulina, in pazienti con diabete di tipo 1”. Dati che dimostrerebbero che le “nuove” cellule B funzionerebbero come pre­visto e in modo simile alle “origina­li”.

Questi risultati promettenti aprono la via a nuove conferme.

"Siamo davvero rimasti soddisfatti, azienda seria, tutor sempre a disposizione, personale competente e professionale. Complimenti!"
Badalà/Lombardo (Cliente Sorgente)

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