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La dieta delle cellule staminali per un corretto differenziamento

La “dieta” delle cellule determina il loro buon funzionamento. Come accade per il nostro corpo, che ha bisogno di una dieta alimentare corretta per funzionare al meglio, lo stesso avviene a livello cellulare. Nello specifico, i ricercatori guidati da Graziano Martello dell’Università di Padova hanno capito che il metabolismo delle cellule staminali di tipo embrionale è condizionato dalla glutammina, un amminoacido che ne determina il corretto funzionamento.

Una suggestione che apre lo studio verso nuove potenziali scoperte, confermate dal fatto che i meccanismi descritti in vitro si riscontrano anche negli embrioni di topo da cui esse derivano.
«Eliminando la glutammina dalla “dieta” delle cellule – commenta il Riccardo Betto, giovane ricercatore dell’Ateneo padovano e prima firma dello studio – o rendendole incapaci di metabolizzarla, le staminali, le cellule che danno origine a tutti i tessuti del nostro corpo, diventano incapaci di differenziarsi correttamente».
Per capire il ruolo della glutammina, nel corso dello studio, ci si è concentrati sul meccanismo attraverso cui il metabolismo influenza la differenziazione delle staminali embrionali. Il team di ricercatori ha evidenziato come non sia la sequenza del DNA delle cellule a cambiare, ma solo alcune proprietà chimiche (modifiche epigenetiche): tali variazioni rendono regioni specifiche del DNA meno “attive”.

“Questo riscontro ci porta a pensare che la glutammina possa avere un ruolo fondamentale durante le prime fasi dello sviluppo embrionale” – sottolinea Graziano Martello, leader dell’Armenise-Harvard Pluripotent Stem cell laboratory dell’Università di Padova -. In futuro sarà necessario studiare, per esempio, quanto sia importante la corretta assunzione di alimenti con apporto di glutammina dalla dieta durante le prime fasi della gravidanza.” Questo aspetto potrebbe avere rilevanza anche sul prelievo delle cellule staminali alla nascita dal cordone ombelicale perché la glutammina supplementata potrebbe dare riscontri positivi sulle quantità di cellule progenitrici.
«Possiamo dire che l’ambiente, in questo caso attraverso la dieta, può modificare l’attività del nostro DNA influenzando il comportamento delle nostre cellule – dice il Professor Salvatore Oliviero, esperto internazionale di epigenetica all’Università di Torino e all’Italian Institute for Genomic Medicine (IIGM), ente strumentale della Fondazione Compagnia di San Paolo -. Possiamo ipotizzare che si tratti di un meccanismo evolutivo: in carenza di determinati nutrienti, magari dovuta a condizioni ambientali sfavorevoli, l’organismo si tutela bloccando il differenziamento cellulare e l’evoluzione di una nuova vita».

 

Fonte: Nature Genetics

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