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Studio sulla schizofrenia con le cellule staminali

Salute mentale

Alcune anomalie nel funzionamento dei neuroni potrebbero spiegare una parte dei sintomi della schizofrenia.

È quanto hanno scoperto i ricercatori della scuola di medicina della John Hopkins University. Le anomalie rilevate in pazienti affetti da schizofrenia, hanno sottolineato gli studiosi nel Rendiconto dell’Accademia statunitense delle scienze, potrebbero spiegare i sintomi più comuni di questa malattia mentale molto invalidante e aprire nuove prospettive per meglio comprenderne l’origine cellulare.

Le ricerche sulle basi psicologiche della schizofrenia erano fino a poco tempo fa frenate dall’assenza dell’equivalente della malattia presso gli animali e dalla difficoltà a studiare i neuroni dei pazienti, il che avveniva per lo più solo dopo il decesso di questi ultimi.

Una nuova tecnica, messa a punto dal giapponese Shinya Yamanaka, premio Nobel per la medicina nel 2012, permette di far ritornare le cellule della pelle dei pazienti allo stadio di cellule staminali pluripotenti, capaci di differenziarsi in tutti i tipi cellulari che formano l’organismo, compresi i neuroni della corteccia cerebrale. Si tratta di un approccio in grado di rivoluzionare lo studio dei disturbi psichiatrici che hanno una componente ereditaria.

Nel 2011 una prima coltura di neuroni cerebrali di cinque pazienti schizofrenici aveva già mostrato che essi stabiliscono meno connessioni fra loro e presentano una deregolazione dell’espressione genica. Il nuovo studio statunitense va oltre, stabilendo un legame tra i sintomi di tredici pazienti e due parametri cellulari precisi. Il primo, legato a una eccessiva inibizione dell’attivazione dei neuroni, è proporzionale alla disorganizzazione del pensiero e al ritiro emozionale osservato nella malattia. Il secondo è un’accentuazione dell’ingresso del sodio nelle cellule: una componente essenziale della comunicazione fra neuroni che si rivela tanto più marcata quanto più i pazienti presentano allucinazioni o deliri. L’alterazione del modo di comunicazione dei neuroni messo in evidenza in vitro può avere profonde conseguenze sullo sviluppo delle reti neuronali e delle strutture del cervello.

Se questi risultati saranno confermati da altri studi neurofisiologici, si potrebbe aprire un nuovo campo di ricerca sulla schizofrenia con l’aiuto della coltura in vitro di «mini cervelli», oltre alla prospettiva di mettere a punto farmaci più adatti al profilo genetico o clinico dei pazienti.

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