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I Falsi Miti sulla Conservazione delle Staminali #4: Usare il sangue del tessuto del cordone ombelicale è inutile?

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I Falsi Miti sulla Conservazione delle Staminali #4: Usare il sangue del tessuto del cordone ombelicale è inutile?

Come è fatto il cordone ombelicale?

Oggi andiamo a conoscere più da vicino il cordone ombelicale. A partire dalle sue funzioni, proseguendo con le parti che lo compongono e i materiali, i tessuti di cui sono fatte.
A livello ‘ingegneristico’ il cordone è una struttura dal design semplice ed evoluto. Il tessuto cordonale infatti è composto dalla gelatina di Wharton, una sostanza gelatinosa che protegge i vasi sanguigni contenuti al suo interno da urti di natura meccanica.

cellule del sangue

Gravidanza e sviluppo del cordone ombelicale

Lo sviluppo del cordone ombelicale coincide con la quinta settimana della gravidanza, cioè con la terza settimana del periodo di sviluppo embrionale. Da questo momento comincia a formarsi un piccolo peduncolo che mette in connessione l’embrione e il trofoblasto, che diventerà poi placenta. A partire dalla sesta settimana di gravidanza il cordone raggiunge la piena funzionalità ed alla settima settimana è completamente formato.

Quali sono le parti del cordone ombelicale?

Il cordone è composto da:

  • peduncolo di connessione
  • dotto vitellino
  • vene e arterie
  • vasi ombelicali che circondano la membrana amniotica.

Il cordone ombelicale nasce dal sacco vitellino e dall’allantoide.
Al suo interno il cordone ha una grande vena e due arterie. Si tratta dei vasi deputati a trasportare il sangue da e verso la placenta, il luogo in cui avviene lo scambio tra la madre e il feto. La vena ombelicale porta il sangue ossigenato e ricco di sostanze nutritive al feto, le due arterie ombelicali portano via dal feto, verso la madre, il sangue deossigenato e povero di sostanze nutritive.

Di cosa è composto il cordone ombelicale?

Il cordone ombelicale è costituito per lo più da tessuto connettivo, noto come gelatina di Wharton. Si tratta di una sostanza gelatinosa composta in gran parte da mucopolisaccaridi che ha la funzione di proteggere i vasi sanguigni contenuti all’interno del cordone.

staminali cordonali

I benefici del sangue del cordone ombelicale

Il sangue del cordone ombelicale è ricco di cellule staminali e rappresenta un’importante alternativa al midollo osseo per i trapianti. Contiene tutti gli elementi naturali del sangue, simili a quelli presenti nel midollo osseo, senza richiedere una corrispondenza così stretta tra donatore e ricevente.
Nello specifico, il sangue cordonale è un’ottima fonte di cellule staminali mesenchimali (MSC). Si tratta di cellule da cui si originano osteoblasti, neuroni, miociti e che di conseguenza sono in grado di rigenerare tessuti e organi danneggiati come cuore, ossa e cervello.

Al giorno d’oggi possiamo contare su oltre 150 trials clinici effettuati in tutto il mondo con le staminali da sangue cordonale. Trials con cui si è verificato il trattamento di condizioni patologiche che possono insorgere nel corso della vita come:

  • osteoartrosi
  • malattie cardiovascolari
  • malattie autoimmuni
  • malattie neurologiche (paralisi cerebrale, autismo, Sla, sclerosi multipla)
  • malattie degenerative (Alzheimer e Parkinson).

Le staminali mesenchemiali hanno la capacità di rispondere all’infiammazione e di aiutare a riparare i danni ai tessuti. Oltre a queste patologie, nel prossimo futuro le MSC potranno essere utilizzate per aiutare a migliorare le condizioni di pazienti che ad oggi non possono contare su una cura efficace.

Preservare le cellule MSC al momento del parto potrebbe significare avere più opzioni terapeutiche in futuro per la tua famiglia.

Fonte:

www.parentsguidecordblood.org
Arutyunyan I, Fatkhudinov T, Sukhikh G. Umbilical cord tissue cryopreservation: a short review. Stem Cell Res Ther.
2018;9(1):236. Published 2018 Sep 15. doi:10.1186/s13287-018-0992-0
Hollweck T, Hagl C, Eissner G. Mesenchymal stem cells from umbilical cord tissue as potential therapeutics for
cardiomyodegenerative diseases – a review. Int J Mol Cell Med. 2012;1(3):119–132

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