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Finley salvato dalle staminali della placenta

Cellule staminali prelevate dalla placenta per ‘supportare’ un intervento chirurgico nella risoluzione di una cardiopatia congenita. È questo il terreno su cui è sbocciata l’innovazione descritta da Massimo Caputo, laureato all’Università Federico II di Napoli e cardiochirurgo all’ospedale pediatrico di Bristol. A dare la notizia è stata la British Heart Foundation, che ogni anno mette a disposizione almeno 100 milioni di euro per sostenere la ricerca nell’ambito delle malattie cardiovascolari. Protagonista di questa storia è Finley, un bambino che oggi ha appena compiuto 2 anni e che nel 2020 era nato con una delle cardiopatie congenite più diffuse: la trasposizione delle grandi arterie.

A causa di un’anomalia dello sviluppo del cuore dell’embrione nelle primissime settimane di gravidanza, le arterie più importanti del corpo umano, l’aorta e l’arteria polmonare, hanno un’origine ‘invertita’, ovvero la prima nasce dal ventricolo destro e la seconda dal ventricolo sinistro, al contrario di quella che è invece la normale configurazione del cuore.

Per rimediare a questa cardiopatia congenita, la soluzione è rappresentata dall’intervento chirurgico. Lo switch delle grandi arterie è di norma un intervento definitivo, che porta alla correzione ‘anatomica’ della malattia e alla guarigione dei pazienti. La quasi totalità dei quali, dopo l’intervento, può svolgere una vita completamente normale. Questa è la norma, che nel caso di Finley aveva deciso però di fare un’eccezione.

L’intervento a cui il bambino è stato sottoposto al quarto giorno di vita, durato 12 ore, è andato a buon fine. Ma la difficile ripresa dell’attività cardiaca aveva costretto il piccolo paziente a un lungo ricovero in Terapia intensiva neonatale, durante il quale era stato necessario supportare in continuo l’attività cardiaca: con alcuni farmaci e attraverso la ventilazione meccanica.

“Siamo stati a un passo dal perdere nostro figlio, quando non aveva nemmeno 2 mesi”, ha spiegato la mamma Melissa. È stato in quel momento che l’intuizione del professor Caputo ha preso forma: iniettare cellule staminali nel lato sinistro del cuore di Finley. “Non poteva prevedere quale sarebbe stato il risultato, ma non avevamo nulla da perdere: dovevamo cercare di dare a Finley ogni possibile possibilità di vivere”, questo il pensiero di Melissa, diffuso dalla British Heart Foundation.

Il trattamento, a uso compassionevole, non aveva precedenti. L’attività cardiaca di Finley era deficitaria soprattutto nella parte sinistra, quella in cui circola il sangue ossigenato e pronto a essere distribuito attraverso l’aorta in tutto il corpo. Le sue condizioni, senza il supporto della Terapia intensiva, non erano sufficienti a garantirgli la sopravvivenza. Da qui l’idea di Caputo, che ha richiesto il prelievo di un campione di cellule staminali conservate in una banca del Royal Free Hospital di Londra per iniettarle direttamente nel cuore di Finley. Obiettivo: favorire la crescita dei vasi sanguigni danneggiati, il primo passo da compiere per portare il piccolo paziente fuori dalla Terapia intensiva. Missione compiuta: almeno fino a ora.

“Lo abbiamo svezzato da tutti i farmaci che assumeva e dalla ventilazione – ha spiegato Caputo -. Finley è stato dimesso e ora cresce come qualsiasi bambino della sua età”. Le staminali sono state fatte crescere su una ‘impalcatura’ prodotta con una stampante 3D. La loro espansione ha permesso di riparare le anomalie delle valvole cardiache e riempire i ‘fori’ presenti tra i due ventricoli. Senza registrare alcun episodio di rigetto. E col conforto ricevuto anche da una seconda applicazione, questa volta su un paziente di 13 anni.

Caputo confida che questo approccio possa essere confermato su numeri più ampi, grazie a uno studio clinico che si punta ad avviare e concludere nell’arco dei prossimi anni. “Un risultato simile potrebbe permettere di evitare i reinterventi a cui questi pazienti negli anni vanno spesso incontro – ha affermato il cardiochirurgo -. Parliamo all’incirca di 200 operazioni all’anno nella sola Gran Bretagna”. Un dato da cui, oltre al beneficio per i pazienti, deriva anche un potenziale risparmio economico stimato in circa 30mila sterline per intervento.

Fonte: La Repubblica

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