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Le prime cellule staminali umane su di un microchip

Cellule staminali microchip

Sono appena all’inizio del loro sviluppo, le prime cellule staminali umane che su un chip ricevono, con un tempismo perfetto e nelle dosi precise, i segnali biochimici che le guidano ad auto-organizzarsi e a specializzarsi: è il primo embrione mai ottenuto su un chip e la sua particolarità è che le cellule si aggregano e si sviluppano perché sono immerse in un ambiente di stimoli che imita quello naturale.

“Il nostro obiettivo a lungo termine è costruire in laboratorio organi per i trapianti”, ha detto Matthias Lutolf, direttore del Laboratorio di Bioingegneria del Politecnico di Losanna, che ha guidato la ricerca pubblicata sulla rivista Nature Methods. La prima firma dell’articolo è dell’italiano Andrea Manfrin, ora a Losanna dopo un master il Biotecnologie mediche nell’Università di Padova.

E’ a lui che si deve il sistema che permette di imitare i segnali che l’embrione riceve all’inizio dello sviluppo: una rete di sottilissimi canali nei quali scorre il fluido che porta con sé i segnali specializzati nel guidare le prime fasi dello sviluppo embrionale, chiamati ‘morfogeni’.

Il risultato rappresenta al momento la soluzione più tecnologica per riuscire a ottenere una riserva di cellule staminali senza incorrere in problemi etici. Per i ricercatori senza dubbio la cautela d’obbligo, ma è altrettanto chiaro il vantaggio di poter seguire da vicino il modo in cui le cellule embrionali si organizzano per formare i tessuti e gli organi. Si risolve così, infatti, quello che Lütolf ha definito “uno dei problemi più complessi nel costruire dei tessuti al di fuori di un organismo”, ossia “la riproduzione dei segnali molecolari nel momento giusto e nelle dosi precise”.

La rete di canali realizzata sul chip imita con un’altissima precisione il modo in cui i segnali arrivano quando l’embrione si trova nella fase, molto precoce, chiamata gastrula. E’ il livello di organizzazione che le cellule staminali raggiungono a 14 giorni dalla fecondazione e nella quale le cellule cominciano a organizzarsi in tre strati, chiamati foglietti embrionari, ognuno dei quali darà origine a tessuti di tipo diverso.

Per i ricercatori è “emozionante” vedere come, ricevendo i segnali corretti, le cellule staminali si organizzano e si sviluppano in tipi differenti. L’emozione è tanto più forte perché avvicina la possibilità di osservare da vicino come non mai le primissime fasi dello sviluppo embrionale, svelando aspetti finora sconosciuti di questo momento delicatissimo; la scommessa per futuro, poi, è poter costruire in laboratorio organi sui quali sperimentare farmaci destinati ai trapianti.

Fonte: ANSA, Nature Metyhods

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