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Un nuovo trattamento per il trapianto di cellule staminali da sangue cordonale nei pazienti con patologie genetiche

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Un nuovo trattamento per il trapianto di cellule staminali da sangue cordonale nei pazienti con patologie genetiche

I ricercatori dell’Università del Pittsburgh Medical Centre hanno sviluppato un metodo innovativo per trapiantare le cellule staminali con un approccio universale che risulta essere sicuro e universale per le patologie di origine genetica.

La combinazione del trapianto di cellule staminali da sangue cordonale con questa terapia funziona anche sulle minorità etniche che normalmente hanno maggiore difficoltà a trovare un campione compatibile.

Lo studio pubblicato su Blood Advances ha analizzato l’effetto del trapianto di cellule da sangue cordonale su 44 bambini con patologie non tumorali.
Il sangue cordonale è una fonte potente di cellule ematopoietiche, cellule del sangue. “Abbiamo volute uniformare il concetto di trattamento per diverse patologie per rendere i protocolli terapeutici più accessibili” afferma Dr. Paul Szabolcs, il direttore del Bone Marrow Transplantation and Cellular Therapies al UPMC Children’s Hospital e investigatore principale dello studio. “Abbiamo ridotto con successo l’intensità della chemioterapia riuscendo a far attecchire le cellule trapiantate”
Normalmente, prima di un trapianto da donatore a ricevente, il paziente è sottoposto a chemioterapia ablativa, una condizione che sembrava necessaria ma che presenta dei rischi per il paziente che si trova a essere in una condizione di totale assenza di difese, un rischio troppo alto per pazienti con patologie non tumorali.

L’approccio del team del Pittsburgh Medical Centre è stato quello di usare una combinazione di chemioterapici molto più leggera che ha consentito in ogni caso di fare attecchire le cellule impiantate.

“Abbiamo ridotto con successo l’intensità dei chemioterapici” sostiene Szabolcs. Oltre il 50% dei pazienti dello studio soffrivano di leucodistrofia – una patologia di origine genetica che porta alla distruzione della guaina delle cellule nervose del cervello e del midollo spinale. Tre anni dopo il trapianto la sopravvivenza dei pazienti è aumentata del 30% con questo metodo rispetto ai protocolli di chemioterapia standard fino a raggiungere il 94% di pazienti sopravvissuti.

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