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“Bambino bolla” salvato da trapianto di staminali

“Bambino bolla” salvato da trapianto di staminali

10.10.2025

3 min di lettura

Fuori dalla bolla

Grazie alla diagnosi precoce e al trapianto di cellule staminali, bimbo può uscire dalla bolla

Dopo la diagnosi precoce di SCID, il piccolo Mannat Singh ha ricevuto un trapianto di cellule staminali che gli ha salvato la vita. Oggi ha quasi due anni, ma sarebbe potuta andare in modo molto diverso.

C’era una volta un bambino di nome David, così debole che sarebbe bastato un bacio per farlo ammalare, così fragile che il tocco del vento avrebbe potuto ucciderlo. Per proteggerlo dai pericoli del mondo esterno, i genitori lo chiusero dentro una grande bolla piena di giochi e di colori. Speravano che, un giorno, sarebbe arrivato un eroe a salvare il loro bimbo.

Non accadde mai. David Vetter morì nel 1984, ad appena 12 anni.

Anche Mannat sarebbe potuto finire così. Per fortuna, la sua storia ha un inizio simile ma un finale molto diverso.

Quando Mannat ha appena sei giorni di vita, i medici trovano qualcosa di strano in lui: stanno conducendo una serie di esami di routine a Singapore, compresi degli screening per malattie metaboliche ed ereditarie. Il più delle volte non trovano nulla, ma non è questo il caso: Mannat risulta positivo all’immunodeficienza combinata grave (SCID), la stessa malattia di David Vetter.

Proprio come David, anche Mannat è privo di un sistema immunitario funzionante, il che lo rende vulnerabile a qualsiasi microrganismo di passaggio. Inoltre, soffre di una forma di SCID radiosensibile, per cui è impossibile trattarlo usando le radiazioni.

Secondo i medici, è difficile che sopravviva al suo primo compleanno e, anche fosse altrimenti, dovrà passare la sua breve vita in una bolla. Eppure, né loro né i genitori del bambino vogliono arrendersi così.

L’unico trattamento possibile è il trapianto di cellule staminali provenienti da un donatore sano: una volta nel midollo del bambino, le staminali dovrebbero svilupparsi in cellule T e fornirgli, finalmente, un sistema immunitario. Le staminali del cordone ombelicale sarebbero la soluzione più sicura e meno soggetta a rigetti, ma nessun parente stretto del bambino le ha mai conservate; bisognerà sperare in un donatore di midollo.

La ricerca del donatore è una vera e propria corsa contro il tempo. Non solo Mannat rischia di morire da un momento all’altro per un raffreddore, ma è cruciale effettuare il trapianto nei primi 4 mesi di vita. Più il tempo passa, infatti, più è probabile che il bimbo sviluppi piccole infezioni che potrebbero far fallire il trapianto.

Bisogna correre.

Mentre i medici passano da un possibile donatore all’altro, i genitori di Mannat lottano contro il mondo intero per tenerlo al sicuro. Basterebbe un’unica, piccolissima infezione per dimezzare le probabilità di successo.

E poi le cellule staminali arrivano.

Per sette giorni, Mannat viene isolato da tutto e da tutti; gli unici che hanno un minimo contatto con lui sono i medici. A nemmeno quattro mesi di vita, il piccolo subisce la chemioterapia che deve annichilire quel poco di sistema immunitario che già ha.

Bisogna fare tabula rasa, prima di procedere con il trapianto.

I medici infondono le staminali e attendono. Le cellule attecchiscono. Un nuovo sistema immunitario, sano, fiorisce dentro Mannat.

Oggi Mannat ha quasi 2 anni e una lunga vita davanti. Al contrario di David, può abbracciare i suoi genitori e giocare fuori, in mezzo all’erba; crescendo, potrà vivere i primi batticuori e scambiare baci impacciati dietro la scuola, potrà cadere dalla bicicletta e rubare le patatine dal piatto dei suoi amici.

Potrà vivere senza doversi chiudere in una bolla.

Almeno per lui, c’è stato un lieto fine.

Fonte: straitstimes.com

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