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I progressi delle cellule staminali contro la SLA

I progressi delle cellule staminali contro la SLA

05.09.2025

7 min di lettura

La Sclerosi Laterale Amiotrofica, o SLA, è una malattia neurodegenerativa progressiva. Per anni, la sua diagnosi ha rappresentato una condanna a morte, senza speranza di guarigione. Grazie alla ricerca, le cose stanno cambiando. In particolare grazie alla ricerca sulle cellule staminali, che si stanno rivelando utili anche contro la SLA.

Che cos’è la SLA?

Al contrario della sclerosi multipla, la sclerosi laterale amiotrofica non è una malattia autoimmune, anche se potrebbe avere una componente immunitaria attualmente oggetto di studio. La SLA è una malattia neurodegenerativa che colpisce i motoneuroni, ovvero le cellule nervose che controllano i movimenti muscolari volontari.

Man mano che il tempo passa, i motoneuroni si indeboliscono e muoiono. Senza i motoneuroni, il cervello perde la capacità di avviare e controllare i movimenti muscolari, il che porta a una progressiva paralisi.

Sintomi

I sintomi della SLA dipendono dal tipo di motoneuroni colpiti.

  • Quando la malattia colpisce il 1º e il 2º motoneurone (SLA ad esordio spinale), si manifesta con: fascicolazioni (piccoli tremori muscolari involontari), debolezza muscolare, atrofia.
  • Quando invece colpisce le cellule del bulbo encefalico (SLA ad esordio bulbare) i sintomi comprendono difficoltà a parlare, a deglutire e, nelle fasi avanzate, a respirare.

Il decorso della SLA può essere rapido o più lento. In media, l’aspettativa di vita è di massimo 5 anni dalla diagnosi. Il 20% dei pazienti vive però più di 5 anni e il 10% supera i 10 anni di prognosi.

Cause

È probabile che la SLA abbia cause sia genetiche sia ambientali, non tutte note. In circa il 10% dei casi, c’è una predisposizione genetica e le mutazioni sono state ereditate dai genitori; nel restante 90% dei casi, la SLA è “sporadica”, ovvero causata da fattori ambientali che innescano la degenerazione dei motoneuroni.

Si possono usare le cellule staminali contro la SLA?

Come in molti altri della ricerca medica, le cellule staminali stanno dando un grosso aiuto anche nello sviluppo di trattamenti per la SLA. Al momento, gli scienziati stanno seguendo diversi approcci.

  • Cellule staminali neurali, che potrebbero proteggere i motoneuroni sani e rallentare la progressione della malattia.
  • Cellule staminali mesenchimali, che producono fattori neurotrofici (sostanze che nutrono e proteggono i neuroni) e creano un ambiente più sano nel midollo spinale.
  • Cellule staminali ematopoietiche, in grado di modulare l’infiammazione e fornire un ambiente di supporto ai motoneuroni, aiutandoli a sopravvivere più a lungo.
  • Cellule T regolatorie (Tregs), ottenute dalla differenziazione di staminali ematopoietiche e dal sangue del cordone ombelicale. Le infusioni di queste cellule immunitarie (di cui il cordone ombelicale è ricco) possono rallentare il decorso della malattia.

Cellule staminali neurali

Una ricerca del Centro Dino Ferrari, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e altri enti, offre nuovi spunti di riflessione nel trattamento della SLA mediante staminali neurali.

I ricercatori sono partiti da cellule staminali pluripotenti indotte umane; dopodiché hanno infuso le staminali neurali in un modello animali di SLA. Le cellule si sono integrate nel midollo spinale, portando a un notevole miglioramento della malattia.

Interessanti anche i risultati ottenuti dalla neurologa Letizia Mazzini, responsabile del Centro regionale Sclerosi laterale amiotrofica di Novara. La dottoressa ha effettuato il primo trapianto al mondo di cellule staminali cerebrali su un paziente affetto da SLA, dopo dieci anni di ricerca.

Anche in questo caso, i medici hanno trapiantato le staminali neurali nel midollo dei pazienti. Questa volta, però, i pazienti erano umani e le cellule neuronali erano state ottenute da un feto deceduto per cause naturali.

In ambedue le ricerche, l’obiettivo era proteggere i motoneuroni sani e rallentare la malattia prima che raggiungesse la muscolatura respiratoria. Il metodo è risultato sicuro per i pazienti e, in alcuni casi, ha portato a un miglioramento delle loro condizioni, anche se limitato nel tempo.

Cellule mesenchimali

Le cellule staminali mesenchimali hanno proprietà immunomodulanti e neuroprotettive; inoltre, è possibile forzarle a differenziarsi in cellule neurali, in specifiche condizioni. Tutto questo le rende uno strumento promettente nella lotta contro la sclerosi laterale amiotrofica.

Nel mondo, sono in corso diverse ricerche che prevedono l’infusione di cellule staminali mesenchimali, alcune delle quali hanno avuto buoni risultati e altre che si sono rivelate deludenti.

Nello specifico, l’azienda Brainstorm aveva fatto ben sperare con il suo trattamento NurOwn, che sfrutta le cellule staminali per produrre fattori neurotrofici. Lo studio prevedevano tre somministrazioni intratecali ogni due mesi. Purtroppo, la fase III dello studio non ha raggiunto i risultati sperati, benché ci sia stato qualche miglioramento nei soggetti meno gravi.

Notizie migliori dalla Mayo Clinic di Rochester, dove i ricercatori hanno valutato la sicurezza e la tollerabilità delle MSC derivate dal tessuto adiposo iniettate per via intratecale; la fase II dello studio ha dato buoni risultati.

Cellule ematopoietiche

Le cellule staminali ematopoietiche, sebbene tradizionalmente usate per malattie ematologiche, creano interesse per la loro capacità di modulare il sistema immunitario e favorire la riparazione dei tessuti. Le loro applicazioni nella SLA, quindi, si concentrano principalmente sulla modulazione della risposta infiammatoria.

Al momento, ci sono circa 20 trial attivi, 17 dei quali sono registrati sul portale del National Institute of Health del Governo USA: 4 osservazionali e 13 di tipo interventistico, di fase 1, 2 o 3, con diversi approcci scientifici e diversi tipi di cellule studiate.

Alcuni ricercatori dell’Università del Sud della Florida hanno testato il trapianto di midollo osseo su topi affetti dalla malattia. Le cellule staminali trapiantate hanno stimolato la rigenerazione della barriera del midollo spinale.

A quattro settimane dal trapianto, i topi mostravano condizioni di salute migliori e un aumento della sopravvivenza dei neuroni motori. I risultati erano particolarmente evidenti nelle cavie che avevano ricevuto dosi maggiori.

In Italia, invece, si sono ottenuti risultati interessanti dal protocollo di sperimentazione Cy-HSCTALS002:

  • somministrazione endovenosa di Ciclofosfamide;
  • Granulocyte Colony-Stimulating factor (G-CSF);
  • chemioterapia;
  • re-infusione di cellule staminali ematopoietiche autologhe.

È ancora in corso lo studio STEMALS, coordinato dal CRESLA di Torino, che si basa sull’uso di Filgrastim, un potente “mobilizzatore” di cellule staminali ematopoietiche, per via endovenosa.

Infusioni di Tregs

Le Tregs sono cellule immunitarie con importanti funzioni neuroprotettive e, secondo alcuni studi, il loro malfunzionamento potrebbe causare almeno parte dei sintomi della SLA. In tal proposito, è particolarmente interessante uno studio condotto da un team dell’Houston Methodist Hospital, pubblicata online su “Neurology, Neuroimmunology, and Neuroinflammation”.

Lo studio mostra che, mentre le Tregs non funzionavano correttamente nell’organismo dei pazienti con SLA, tornavano normali una volta fuori dal corpo. Ciò significa che il problema non era intrinseco nelle cellule immunitarie, ma nell’ambiente circostante.

Secondo i ricercatori, la causa del fenomeno potrebbe trovarsi nell’attivazione di alcune cellule mieloidi pro-infiammatorie, che causerebbero una perdita di numero e di funzione delle Tregs. Cosa succede, quindi, se si aumenta il numero di queste cellule immunitarie neuroprotettive?

Per scoprirlo, gli autori dello studio hanno lavorato in collaborazione con il programma di trapianto di cellule staminali e terapia cellulare dell’M.D. Anderson Cancer Center di Houston.

I pazienti coinvolti nello studio sono stati sottoposti a leucaferesi: dopo aver prelevato loro il sangue, i medici hanno separato i globuli bianchi dai globuli rossi; dopodiché, hanno rinfuso i globuli rossi nei pazienti. Fatto questo, hanno separato le Tregs dai globuli bianchi, per farle moltiplicare e rinfonderle nei pazienti.

Ogni paziente ha ricevuto otto infusioni di Tregs durante lo studio. Le prime quattro infusioni venivano somministrate ogni due settimane e le ultime quattro una volta al mese. L’obiettivo primario era determinare se fosse sicuro aumentare i livelli di Tregs del 30-40% rispetto ai livelli normali.

La progressione della loro SLA ha rallentato drammaticamente, mentre ricevevano le infusioni. Dopo il completamento del secondo ciclo di infusioni, invece, la progressione è ripresa in poche settimane o mesi. Rimangono risultati promettenti, benché richiedano ulteriori ricerche.

Come le cellule staminali del cordone ombelicale possono contribuire

In tutto questo, cosa c’entrano le cellule del cordone ombelicale? Ebbene, il sangue del cordone ombelicale è un’ottima fonte di cellule staminali e di cellule immunitarie, comprese le Tregs. Conservare sangue e tessuti del cordone ombelicale significa quindi conservare un tesoro, quanto meno in termini medici.

Ora come ora, le staminali del cordone non possono curare la SLA, ma offrono comunque la possibilità di accedere a terapie sperimentali. Terapie che un giorno potrebbero diventare disponibili per tutti, salvando la vita a decine di persone.

È un’opzione che offre una speranza concreta, la possibilità di essere pronti a sfruttare il meglio che la scienza ha da offrire. Non perderla: contatta Sorgente senza impegno, per scoprire come funziona la conservazione del cordone ombelicale e come accedervi.

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