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Cellule staminali neurali: cosa sono e a cosa servono

Cellule staminali neurali: cosa sono e a cosa servono

03.10.2025

7 min di lettura

All’interno di tutti gli esseri umani, ci sono tanti piccoli kit di pronto soccorso: le nicchie di cellule staminali. In caso di bisogno, queste possono auto-rinnovarsi e differenziarsi in cellule di altro tipo, per riparare ai piccoli danni di tutti i giorni. Questo vale anche per le cellule staminali neurali, ovvero le staminali responsabili per il sistema nervoso centrale.

Purtroppo, un kit di pronto soccorso serve a poco contro ferite gravi. Allo stesso modo, le staminali neurali già presenti dentro di noi servono poco contro ictus, Alzheimer o Parkinson. I ricercatori, però, stanno cercando un modo per cambiare le cose.

Vediamo insieme quali sono le proprietà delle cellule staminali neurali, dove si trovano e come potrebbero aiutarci.

Cosa sono le cellule staminali neurali

Contrariamente a quanto si credeva fino a qualche anno fa, il cervello produce neuroni anche in tarda età. La neurogenesi di un adulto è limitata, nemmeno lontanamente paragonabile a quella di un neonato, ma ciò non toglie che esista. Le cellule staminali neurali sono parte integrante del processo.

Le staminali di questo tipo sono cellule multipotenti, ovvero in grado di differenziarsi solo in alcuni tipi di cellule. In particolare, possono produrre astrociti (le cellule che fungono da impalcatura per i neuroni), le cellule della glia (che isolano i tessuti nervosi e ne proteggono le funzioni) e anche piccole quantità di neuroni nuovi, in condizioni favorevoli.

Al contrario di altre cellule, i neuroni non si moltiplicano mediante mitosi. Le cellule staminali neurali sono quindi la nostra unica fonte di neuroni nuovi, durante l’età adulta. Da qui l’attenzione della ricerca medica verso queste cellule.

Dove si trovano

Prima di vedere dove si trovano le cellule staminali neurali, vale la pena capire dove si trovano i neuroni già formati. Logica vorrebbe che la risposta fosse “nel sistema nervoso centrale”, ma non è del tutto così: oltre che nel cervello, abbiamo una piccola quantità di neuroni anche nell’intestino; non per nulla, l’intestino è detto il “secondo cervello”.

Se spostiamo il discorso sulle staminali neurali, le cose cambiano un poco. Le cellule staminali neurali non solo si trovano esclusivamente nel cervello, ma sono limitate in alcune aree precise del sistema nervoso centrale.

Le due principali nicchie neurogeniche, ovvero dal microambiente nel quale si sviluppano e differenziano le staminali neurali, sono:

  • zona subventricolare, vicino ai ventricoli laterali. Le cellule che nascono qui migrano lungo il sistema migratorio rostrale per raggiungere il bulbo olfattivo;
  • zona subgranulare, all’interno dell’ippocampo. Questa è l’area del cervello responsabile di apprendimento e memoria.

La nicchia è estremamente rilevante per la differenziazione delle staminali. Cambiando l’ambiente che le circonda, infatti, cambia anche la tipologia di cellule nelle quali mutano. Per ottenere un determinato tipo di cellula, quindi, si dovrebbero coltivare le cellule staminali in un ambiente il più possibile simile a una certa nicchia.

Ebbene, potrebbe non essere sempre così.

Oltre le nicchie: il ruolo della proteina Drosha

Uno studio del 2016 condotto dall’Università di Basilea, “Multipotency of Adult Hippocampal NSCs In Vivo Is Restricted by Drosha/NFIB”, ha messo in discussione il ruolo esclusivo delle nicchie nello sviluppo delle staminali neurali.

L’ippocampo è la zona del cervello responsabile di certe forme di memoria. Le sue funzioni si basano su diversi tipi di cellule, alcune delle quali prodotte dalle nicchie di cellule staminali neurali. Nonostante siano essenziali, gli oligodendrociti non sono però tra queste. Da dove vengono, quindi?

Secondo lo studio, le cellule staminali neurali dell’ippocampo sono controllate anche da un meccanismo a loro intrinseco, indipendente dalle nicchie: la proteina Drosha. Questa proteina previene l’espressione del fattore di trascrizione NFIB, impedendo che le cellule staminali si sviluppino in neuroni. Ciò è necessario affinché diventino invece oligodendrociti.

Lo studio ha lasciato però una domanda aperta: come fanno le cellule staminali neurali a modulare l’attività della proteina, così da soddisfare la domanda delle varie cellule? Lo spiega uno studio del 2024, “SAFB regulates hippocampal stem cell fate by targeting Drosha to destabilize Nfib mRNA”.

I ricercatori hanno scoperto che la proteina SAFB (Scaffold Attachment Factor B) regola il meccanismo Drosha/NFIB: nell’ippocampo i livelli di SAFB sono alti, il che garantisce che Drosha degradi NFIB in modo efficiente; nelle altre regioni cerebrali, dove c’è più bisogno di produrre oligodendrociti, i livelli di SAFB sono più bassi.

Si possono usare le cellule staminali neurali in medicina?

Scoperte come quella citata sopra sono estremamente importanti per capire come sfruttare le cellule staminali neurali a nostro vantaggio. Come per riparare i danni causati da malattie neurodegenerative o lesioni traumatiche, ad esempio.

Ci sono diversi studi su come usare le cellule staminali neurali contro la sclerosi multipla, alcuni dei quali molto interessanti. Per il momento, però, abbiamo ben poche certezze. In compenso, stiamo ottenendo risultati interessanti nell’uso delle staminali neurali contro le malattie intestinali.

Sì, proprio intestinali.

Staminali neurali contro la malattia di Hirschsprung

Come accennato sopra, il cervello non è l’unica casa dei nostri neuroni: ne abbiamo una ricca popolazione anche nell’intestino, le cosiddette “cellule neurali enteriche”.

La malattia di Hirschsprung è una patologia pediatrica grave, caratterizzata dall’assenza di cellule nervose nel colon. I neonati che ne soffrono fanno fatica a defecare e, sul lungo periodo, possono incontrare difficoltà nello sviluppo.

Al momento, l’unico trattamento possibile è l’intervento chirurgico. Un team di ricercatori sta però cercando una via alternativa usando il trapianto di staminali neurali.

Secondo lo studio “Enteric neural stem cell transplant restores gut motility in mice with Hirschsprung disease”, il trapianto ha stimolato la formazione di nuovi gangli nervosi nelle cavie, ripristinando così la loro motilità intestinale.

Il problema del tracking: tracciare i movimenti delle staminali neurali

C’è un problema, però, comune un po’ a tutti gli studi riguardanti il trapianto di cellule staminali: dopo l’infusione, cosa fanno esattamente le cellule staminali neurali e dove vanno? Non è detto che si muovano che vorremmo noi. Capire la loro posizione, come si integrano e perché alcune sopravvivono e altre no, è fondamentale per trasformare uno studio promettente in una terapia clinica standard.

Forrest Goodfellow, ricercatore dell’University of Georgia’s Regenerative Bioscience Center, sviluppa un metodo per tracciare ed etichettare le cellule staminali neurali. Ne parla in uno studio del 2016 pubblicato su “Advanced Functional Materials.

Goodfellow e i suoi colleghi sono partiti da alcune minuscole palline d’acciaio e da un uovo di gallina. Hanno etichettato alcune cellule staminali neurali con le palline, trapiantate poi in un embrione di gallina.

Usando la risonanza magnetica, i ricercatori hanno monitorato le cellule staminali neurali per diversi giorni, studiando dove andavano e come si muovevano. In tutto questo, il team ha anche verificato che le sferette fossero innocue per le cellule, tracciando e mettendo a confronto cellule etichettate e non.

La metodologia si è dimostrata utile, tant’è che il team l’ha usata anche per studiare gli effetti del virus Zika sul cervello umano.

Il ruolo dei fattori trofici nelle terapie con staminali neurali

Per quanto tutti questi studi siano utili, potremmo star guardando le cose da un punto di vista quanto meno parziale. Il successo delle terapie con cellule staminali va oltre la loro capacità di sostituire i neuroni morti, ovvero il grande sogno della medicina rigenerativa. Il vero asso nella manica delle staminali neurali (e non solo) è la loro azione di “supporto”.

Una volta raggiunta la sede della lesione, le cellule staminali neurali emettono fattori trofici e neuroprotettivi che:

  • migliorano la funzione di neuroni e precursori staminali già presenti nel tessuto danneggiato;
  • riducono l’infiammazione e modulano la risposta immunitaria, creando un ambiente più favorevole alla riparazione;
  • stimolano la neurogenesi, la rigenerazione degli assoni e la ricostruzione della mielina.

Caratteristiche che, se usate a dovere, potrebbero contrastare l’avanzare delle malattie neurodegenerative. Non per nulla, la ricerca si sta muovendo anche in quella direzione.

Il cordone ombelicale, la fonte nascosta di neuroni

Nel caso te lo stessi chiedendo, non ci sono staminali neurali nel cordone ombelicale. In compenso, il tessuto del cordone è ricco di staminali mesenchimali. In determinate condizioni, queste si possono convertire in cellule neuronali, con tutti i benefici che ne derivano.

In tutto il mondo, decine e decine di ricercatori stanno studiando come sfruttare al meglio questa versatilità. L’obiettivo è trasformare un semplice scarto in una terapia salvavita. C’è un grosso problema: il 98% dei cordoni ombelicali finiscono nella spazzatura, insieme al loro tesoro di staminali.

Se non tolleri questo spreco, contatta Sorgente: aiutiamo i futuri genitori a conservare il cordone ombelicale dei loro figli, affinché quel tesoro rimanga al sicuro in vista del futuro.

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