Il diabete rappresenta una delle sfide sanitarie più complesse e gravose a livello globale. Per decenni, lo standard terapeutico si è basato esclusivamente sull’insulina esogena, un trattamento salvavita che però non risolve il problema alla radice. Grazie alle cellule staminali, le cose stanno cambiando.
Dopo anni di promettenti risultati pre-clinici e l’avvio delle prime sperimentazioni sull’uomo, quanto siamo vicini al traguardo?
In questo articolo vedremo quant’è grave la situazione del diabete nel mondo, come la malattia influenza le cellule staminali e, soprattutto, come sta agendo la ricerca.
Cos’è il diabete
Gli esseri umani funzionano grazie agli zuccheri: ogni volta che mangiamo, il nostro organismo “smonta” i carboidrati in glucosio e li distribuisce alle cellule, pronti da usare per alimentare la grande macchina che è il nostro corpo. Cosa succede quando il meccanismo di distribuzione si inceppa, però?
Insorge il diabete.
L’insulina è un l’ormone che gestisce il metabolismo degli zuccheri. Nelle persone affette da diabete, le cellule beta delle isole di Langerhans, all’interno del pancreas, non producono più insulina. In mancanza di insulina, i livelli di glucosio nel sangue si alzano e causano l’iperglicemia, la caratteristica distintiva del diabete.
L’eccesso di zuccheri nel sangue può causare gravi danni all’organismo e, se non trattato, portare perfino alla morte. Ecco perché le persone affette da diabete hanno bisogno di iniezioni regolari di insulina, da affiancare a una dieta povera di zuccheri.
Esistono due forme principali di malattia:
- Diabete di Tipo 1. È una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario attacca e distrugge le cellule beta del pancreas che producono insulina. Le persone affette necessitano di somministrazione esterna di insulina.
- Diabete di Tipo 2. In questa forma, l’organismo o non produce insulina sufficiente o, più frequentemente, non riesce a utilizzarla in modo efficiente (insulino-resistenza) a causa di complesse disfunzioni metaboliche. È la forma più comune e la sua prevalenza aumenta con l’età.
Il contesto del diabete nel mondo e in Italia
Il diabete è una vera e propria “pandemia silente”: si stima che oltre 537 milioni di persone nel mondo convivano con il diabete; tra questi, si contano oltre 4 milioni di morti all’anno. La cosa peggiore? Si stima che il numero di malati potrebbe raggiungere i 700 milioni entro il 2045.
In Italia, le persone con diabete sono oltre 3 milioni e mezzo (solo contando i casi diagnosticati), pari a una prevalenza di circa il 5,9% della popolazione (dati Istat 2020). L’incidenza è aumentata notevolmente, con una crescita del 60% tra il 2000 e il 2019 (la prevalenza è passata dal 3,8% al 5,8%).
Come visto sopra, esistono due tipi di diabete. In Italia, si stima che la gran parte dei casi siano del Tipo 2; le persone affette da diabete di Tipo 1 sarebbero solo 300 mila, quindi meno di un decimo del totale. Anche l’età è un fattore rilevante: la prevalenza aumenta drasticamente con l’età, raggiungendo il 21% tra gli ultra 75enni.
Le problematiche sociali e sanitarie
Il diabete è un problema di salute pubblica, oltre che di salute individuale. La malattia provoca un alto tasso di mortalità, come visto, e incide sulla qualità della vita: sul lungo periodo, provoca complicazioni cliniche anche gravi, come danni permanenti a reni e cuore.
Tutte queste complicazioni hanno un costo sanitario estremamente elevato, in Italia e nel mondo. Già nel 2010, si stimavano 376 miliardi di dollari spesi a livello globale per il trattamento, la prevenzione e la gestione delle complicazioni del diabete.
Con la crescita esponenziale dei casi, queste spese non potranno che aumentare.
Come il diabete influenza le cellule staminali
In che modo tutto questo discorso si lega alle cellule staminali? Un primo indizio arriva da come il diabete influenza il funzionamento delle nostre stesse cellule staminali, quelle che dovrebbero garantire la produzione costante di cellule sane.
Secondo uno studio realizzato da ricercatori dell’Università di Oxford, livelli troppo alti di glucosio nel sangue possono “riprogrammare” l’azione delle cellule staminali e aumentare tutta una serie di rischi, tra cui quello di aterosclerosi
Quello che è a tutti gli effetti una caratteristica distintiva del diabete, ossia la glicemia alta, può indurre una forma di “immunità allenata” nelle cellule staminali del midollo osseo. Le staminali subiscono una riprogrammazione epigenetica e metabolica, che attiva in modo stabile geni infiammatori. Finiscono così per differenziarsi in globuli bianchi denominati macrofagi, con un fenotipo pro-infiammatorio.
Tutto il processo provoca un’infiammazione cronica, che provoca a propria volta una produzione accelerata di placche aterosclerotiche. Placche che aumentano il rischio di tutta una serie di condizioni e patologie, tra cui la succitata aterosclerosi e l’infarto.
Il “paradosso” del diabete
L’influenza dei livelli di glucosio spiega un apparente paradosso del diabete: perché i diabetici corrono sempre rischi maggiori d’infarto, anche quando i livelli di glucosio nel sangue vengono riportati sotto controllo?
Secondo lo studio succitato, i macrofagi delle cavie diabetiche hanno mantenuto le caratteristiche pro-infiammatorie anche in condizioni di glucosio normale. Trapiantando le cellule staminali diabetiche in cavie sane, le placche aterosclerotiche sono addirittura raddoppiate.
Il fenomeno si chiama “memoria metabolica” e, purtroppo, spiega perché non basta ridurre il glucosio nel sangue per annullare certi rischi.
I ricercatori hanno identificato un fattore di trascrizione alla base dela riprogrammazione infiammatoria del genoma, il Runt-related transcription factor 1 (Runx1). Interrogando i macrofagi estratti dalle placche aterosclerotiche umane di pazienti con diabete di tipo 2, hanno riscontrato un arricchimento sempre per i target di Runx1. Ciò significa che il fattore di trascrizione potrebbe essere determinante anche negli esseri umani e potrebbe essere un problema.
Secondo gli autori dello studio, è probabile che molte persone diabetiche stiano ricevendo trattamenti inadeguati sul fronte delle patologie cardiocircolatorie. Bisognerebbe cambiare paradigma, invece, puntando su terapie che interrompano la memoria infiammatoria.
Le staminali possono curare il diabete?
A questo punto sorge spontanea una domanda: non possiamo limitarci a “sostituire” le cellule malate con cellule sane, magari usando le cellule staminali? La soluzione non è così semplice, purtroppo.
Lorenzo Piemonti, direttore del Diabetes Research Institute dell’Ospedale San Raffaele di Milano e dello Human Islet Transplantation Programme (uno dei pionieri del trapianto di isole pancreatiche e di staminali), spiega la cosa molto bene:
“Oggi nessuno ha ancora dimostrato che le cellule staminali siano in grado di guarire il diabete negli essere umani (ma solo in studi preclinici). Ma siamo in una fase in cui abbiamo visto che le cellule beta derivate da staminali, sopravvivono nell’organismo e producono insulina”.
Quindi sulla carta sì, dovrebbe essere possibile, ma bisogna trovare un modo per farlo e dimostrarlo. Anzi, potendo sarebbe la soluzione in assoluto migliore.
“Se potessi avere le cellule beta invece di qualsiasi terapia sarebbe la soluzione migliore, perché svolgono il loro mestiere di produrre insulina in maniera perfetta. Perciò lavoriamo sui sistemi che vanno o a preservare le cellule beta ancora funzionanti, o su approcci di sostituzione, per esempio con le cellule staminali, uno di quelli su cui stiamo lavorando di più. Noi in collaborazione con l’University Hospital of Vrije Universiteit Brussel (VUB), siamo stati il primo gruppo in Europa a impiantare cellule staminali pluripotenti per la terapia del diabete di tipo 1”.
Ciò spiega perché molte ricerche in ambito di medicina rigenerativa vadano in quella direzione: uno degli obiettivi principali è usare le staminali per rigenerare le cellule beta, ripristinando le funzionalità del pancreas.
I progressi sono stati tanti negli anni ma, come vedremo, il problema è meno banale di quanto potrebbe sembrare. In molti casi, le cellule beta prodotte dalle staminali sono risultate immature, con una secrezione di insulina scarsamente regolata. Altrove, sono stati riscontrati problemi di rigetto da parte del sistema immunitario dell’ospite.
Le terapie a base di staminali più promettenti
Per comprendere quali sono le difficoltà nella ricerca contro il diabete, facciamo una panoramica sugli studi più promettenti degli ultimi anni.
- Isole pancreatiche prodotte in vitro
- Cellule progenitrici pancreatiche incapsulate
- Zimislecel, la nuova terapia contro il diabete
In attesa del futuro
La prospettiva di una cura definitiva per il diabete è dunque sempre più vicina, anche grazie alle cellule staminali. In quest’ottica, è ormai fondamentale prendere quanto meno in considerazione la conservazione delle cellule staminali del cordone ombelicale.
Queste cellule, che si possono raccogliere solo alla nascita, rappresentano un patrimonio biologico unico in vista del futuro.
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