Wróć

Il nostro servizio è disponibile

Prenota una consulenza

Contattaci
Perché la toxoplasmosi in gravidanza è pericolosa e come evitarla

Perché la toxoplasmosi in gravidanza è pericolosa e come evitarla

11.07.2025

11 min di lettura

Se c’è una cosa che fa paura in gravidanza, quella è la toxoplasmosi. Tutte le future mamme si sentono ripetere: “lava la verdura con acqua e bicarbonato, sempre”, “stai lontana dai gatti”, “cuoci tutto, nel dubbio” e altri mille consigli di questo tipo. Perché? La toxoplasmosi in gravidanza è davvero così pericolosa?

La risposta breve è:, la toxoplasmosi va assolutamente evitata, specie nelle primissime fasi della gestazione. In questo articolo vedremo perché e, soprattutto, quali consigli seguire per rimanere in salute.

Cos’è la toxoplasmosi

La toxoplasmosi è una malattia infettiva causata dal toxoplasma gondii, un parassita che colpisce un po’ tutti gli animali a sangue caldo, essere umano compreso. Si stima che circa il 30% della popolazione mondiale sia stata infettata, anche se le percentuali cambiano in base ai criteri usati. Infatti, è difficile capire se si ha avuto la toxoplasmosi, a meno di non usare test specifici.

Di per sé, l’infezione da toxoplasma è piuttosto lieve: in gran parte dei casi, rimane del tutto asintomatica; anche quando si manifesta, assomiglia a una comune influenza e passa nel giro di qualche giorno. I casi gravi sono rari e colpiscono soprattutto persone immunodepresse.

Perfino in gravidanza, la toxoplasmosi rimane una malattia leggera per la madre; in questi casi, ad essere in pericolo è l’embrione o il feto, che potrebbe subire malformazioni gravi o un aborto spontaneo.

Il ciclo vitale del Toxoplasma Gondii

Il toxoplasma gondii è un parassita intracellulare obbligato: può riprodursi solo nelle cellule dei felini, benché possa vivere e svilupparsi in qualsiasi animale a sangue caldo.

Vediamo come funziona il ciclo del parassita nel dettaglio.

  1. Le oocisti, il primo stadio del parassita, vengono rilasciate nell’ambiente tramite le feci dei felini ospiti. Nel giro di 5 giorni, sporulano e diventano infettive.
  2. Le feci con le oocisti sporulate contaminano terriccio e acqua circostanti. Terriccio e acqua contaminati contaminano erba, fiori, frutta e verdura.
  3. Ospiti intermedi ingeriscono le oocisti e si infettano.
  4. Le oocisti diventano tachizoiti e formano delle cisti tissutali con all’interno i bradizoiti, una forma dormiente del parassita.
  5. I felini ingeriscono tessuti contaminati dai bradizoiti.
  6. I bradizoiti ingeriti dai felini si riproducono all’interno del loro organismo e producono nuove oocisti.
  7. Si torna al punto 1.

In alternativa, i bradizoiti vengono trasmessi da organismo a organismo tramite l’ingestione di tessuti infetti, finché non muoiono o non trovano un ospite dove riprodursi.

Come si trasmette la toxoplasmosi

Il ciclo vitale del toxoplasma dà già una prima idea di come si possa trasmettere la malattia e, soprattutto, spiega perché i gatti siano considerati i vettori principali. In realtà, vedremo che è relativamente difficile prendere la toxoplasmosi dai gatti.

Per l’uomo, le principali vie di trasmissione sono le seguenti.

Contatto con feci di gatti infetti

I gatti sono l’ospite ultimo del toxoplasma gondii, quanto meno in città: i felini si infettano mangiando uccellini o roditori con cisti tissutali, dopodiché rilasciano le oocisti con le feci. Qualunque animale ingerisca anche parte delle suddette feci può essere infettato.

Da questa breve spiegazione deduciamo tre cose:

  1. Se il gatto vive in appartamento e non viene in contatto con gatti che vivono all’esterno, è molto difficile che si ammali di toxoplasmosi. Diverso se il gatto può uscire liberamente: in quel caso, è probabile che vada a caccia e che ingerisca carne cruda infetta.
  2. Servono 1-5 giorni affinché gli oocisti diventino infettivi, quindi è importante pulire la lettiera tutti i giorni.
  3. Per ridurre il rischio di infezione, è importante pulire la lettiera proteggendosi con una mascherina e un paio di guanti. Meglio ancora, si può delegare la pulizia a qualcuno che non è in gravidanza.

In definitiva, per chi ha un gatto da appartamento il rischio di contrarre la toxoplasmosi da lui è piuttosto basso, anche se mai del tutto nullo.

Frutta e verdura lavata male

Gran parte dei casi di toxoplasmosi in gravidanza sono causati non dai gatti, ma da frutta e verdura lavati male e mangiati crudi. Com’è possibile? Facciamo un passo indietro.

Quando i felini espellono le loro feci infette, le oocisti finiscono nel terreno. Se l’ambiente è umido e riparato, possono sopravvivere anche diversi anni e contaminare tutto ciò che viene in contatto con loro. E se il terreno viene usato per la coltivazione?

Se il terreno contaminato viene usato per coltivare frutta e verdura, le oocisti del toxoplasma possono finire sulla loro superficie. Nel momento in cui un animale mangia le verdure non lavate, ingoia anche le oocisti e viene infettato; questo vale sia per i topolini di campagna sia per gli esseri umani che comprano frutta e verdura al supermercato.

Per evitare l’infezione, basta lavare bene le verdure o cuocerle.

Carne cruda o poco cotta

Per una donna incinta, l’altro grande pericolo è la carne cruda. I tessuti muscolari possono infatti nascondere bradizoiti, forme dormienti di toxoplasma pronti a risvegliarsi dentro il predatore di turno. Nello specifico, dentro l’essere umano che ha mangiato una tartare di troppo.

L’unico modo per eliminare eventuali tracce di toxoplasma, nonché di altri microrganismi dannosi, è cuocere la carne finché non raggiunge una temperatura interna di 70°C. Per andare sul sicuro, ci si può aiutare con un termometro da cucina da pochi euro.

Acqua contaminata

Premettiamo che l’acqua del rubinetto è perfettamente sicura, in Italia. Lo stesso non vale per l’acqua di ruscelli, torrenti, pozzi… Ovunque le condizioni igieniche non sono garantite, è meglio bere acqua in bottiglia.

Perché la toxoplasmosi è pericolosa in gravidanza

Dicevamo all’inizio che la toxoplasmosi non è un grande rischio, se sei un adulto in salute. Diverso per un embrione o per un feto.

In una donna incinta, l’infezione da toxoplasmosi supera la barriera della placenta e raggiunge il feto, contagiandolo a sua volta e provocando una forma di toxoplasmosi congenita. Le conseguenze dell’infezione dipende dall’età gestazionale del feto.

  • Primo trimestre (0-12 settimane). In questa fase, il rischio di trasmettere la toxoplasmosi all’embrione è meno del 17%. Tuttavia, è il momento in cui un’eventuale infezione ha le conseguenze più devastanti, dato che può causare malformazioni gravi e aborto spontaneo.
  • Secondo trimestre (13-26 settimane). Il rischio di trasmissione sale al 25-40%, ma la gravità delle complicanze fetali si riduce un poco, anche se non si annulla. In questa fase, infatti, la toxoplasmosi può causare problemi neurologici e corioretinite da toxoplasma.
  • Terzo Trimestre (27-40 settimane). Il rischio di trasmissione può arrivare al 90%, ma le conseguenze per il bambino sono meno gravi. Nell’85% dei casi, l’infezione rimane asintomatica per mesi dopo il parto ma, se non curata, può comunque provocare una corioretinite. Talvolta, la corioretinite si manifesta addirittura a decenni di distanza.

Dati i possibili danni per il feto, è importante che la futura madre presti grande attenzione e che effettui tutti gli esami consigliati in gravidanza. Una diagnosi precoce, infatti, riduce notevolmente il rischio di toxoplasmosi congenita.

Le conseguenze della toxoplasmosi congenita

Un’eventuale infezione dell’embrione o del feto può avere queste conseguenze:

  • Encefalite provocata dalla toxoplasmosi cerebrale. Nei casi peggiori, l’infezione può provocare danni permanenti al cervello.
  • Calcificazioni intracraniche, depositi di calcio che si formano nel tessuto cerebrale a seguito dell’infiammazione causata dal toxoplasma. I danni dipendono in larga parte da dove si formano le calcificazioni, spaziando dai problemi motori al ritardo cognitivo.
  • Idrocefalo, ovvero l’accumulo di liquido cerebrospinale nei ventricoli cerebrali. L’eccesso di liquido preme sul tessuto cerebrale circostante, portando a danni irreversibili.
  • Microcefalia, quando la circonferenza cranica è significativamente più piccola rispetto alla media. Ciò indica uno sviluppo insufficiente del cervello, con conseguenti ritardi dello sviluppo.
  • Epilessia, causata dai danni cerebrali da toxoplasmosi.
  • Corioretinite, infiammazione della retina e della coroide. È una delle manifestazioni più comuni della toxoplasmosi congenita e può portare a gravi deficit visivi.
  • Ipoacusia, un deficit uditivo che può portare alla sordità. Un’altra causa comune è la rosolia in gravidanza.

Come si diagnostica la toxoplasmosi

Dati i possibili danni causati dall’infezione da toxoplasma, alle donne incinte si consiglia di effettuare il toxo test ogni 4-6 settimane. In questo modo, è più probabile intervenire per tempo, in caso di infezione.

Il test individua le due classi di anticorpi che l’organismo produce, in caso di toxoplasmosi:

  • IgM (immunoglobuline M), i primi anticorpi che compaiono nel sangue. I livelli di IgM iniziano a salire 1-2 settimane dopo l’infezione, per scomparire nel giro di qualche mese. Se presenti, indicano che l’infezione è in corso.
  • IgG (immunoglobuline G), gli anticorpi che compaiono 2-4 settimane dopo l’infezione. Persistono nel tempo e, se presenti, indicano un’infezione pregressa.

Se abbiamo IgG positive e IgM negative, significa che la donna ha avuto la toxoplasmosi in passato e che adesso è immune. Bisognerà fare comunque attenzione, ma con più rilassatezza.

Se sono negative sia IgG sia IgM, la donna non ha la toxoplasmosi e non è nemmeno immune.

Se sono positive sia IgG sia IgM, l’infezione è recente e probabilmente ancora in atto. In base al livello delle IgM, si può intuire se la toxoplasmosi è già in fase di regressione.

Se abbiamo IgG negative e IgM positive, l’infezione è iniziata da pochissimo oppure è un falso positivo. Nel dubbio, si ripete il test.

Cos’è il test di avidità delle IgG

A volte i risultati del toxo test sono ambigui e servono ulteriori esami, tra cui il test di avidità delle IgG. Questo serve non solo a capire se c’è effettivamente un’infezione in corso, ma anche a datare un’eventuale infezione passata.

Tramite l’esame, il medico misura quanta affinità c’è tra gli anticorpi IgG e l’antigene del toxoplasma. Le IgG prodotte di recente avranno una bassa avidità, indicando che l’infezione è avvenuta negli ultimi 4 mesi. Le IgG più anziane, prodotte da almeno 4 mesi, avranno invece un legame forte con l’antigene.

La datazione aiuta a capire se l’eventuale infezione è avvenuta durante la gravidanza, cosa importante soprattutto nelle primissime fasi della gestazione.

Si può curare la toxoplasmosi contratta in gravidanza?

Nonostante tutte le precauzioni, capita di contrarre la toxoplasmosi mentre si è incinta, specie se si tratta di una gravidanza criptica. In casi del genere, è importante agire il prima possibile per minimizzare i rischi per il feto.

Se le IgM sono positive, bisogna:

  • effettuare ulteriori test sierologici per confermare l’infezione materna e monitorare gli anticorpi;
  • verificare se la toxoplasmosi è stata trasmessa anche all’embrione o al feto. Come già visto, infatti, il contagio è tutt’altro che scontato;
  • procedere con una specifica terapia antibiotica, per ridurre il rischio di trasmissione al feto o, se il feto è già infetto, per ridurre la gravità delle manifestazioni cliniche;
  • eseguire ecografie fetali ad alta risoluzione, per cercare individuare eventuali danni causati dalla toxoplasmosi (dilatazione dei ventricoli cerebrali, calcificazioni intracraniche, ecc.);
  • monitorare la salute di donna e feto con esami del sangue ed ecografie regolari, per valutare l’efficacia del trattamento e la comparsa di eventuali effetti collaterali.

Se tutto va bene e l’intervento è stato tempestivo, è possibile bloccare del tutto la trasmissione verticale da madre a figlio, scongiurando così il rischio di danni permanenti e di malformazioni. Cosa succede se non si interviene in tempo, invece?

Gestione e terapia della toxoplasmosi congenita nel neonato

Se l’infezione da toxoplasma viene diagnosticata alla nascita o nel periodo perinatale, bisogna fare il possibile per limitare i danni.

  • Test ed esami per valutare la presenza di danni permanenti causati dal virus, anche se invisibili. Questi includono test sierologici, analisi del liquido cerebrospinale, test dell’udito e della vista, valutazioni neurologici. Questo tipo di analisi andranno avanti sul lungo periodo, lungo tutta l’infanzia del bambino.
  • Terapia farmacologica di 12 mesi per contrastare l’infezione, sempre sotto stretto monitoraggio medico. In caso di infiammazioni gravi, si possono usare farmaci simili al cortisolo; il loro utilizzo è talvolta controverso, però.
  • Supporto allo sviluppo con terapie riabilitative come fisioterapia, logopedia, terapia occupazionale.

L’avvio tempestivo della terapia può migliorare significativamente la prognosi per il bambino, riducendo la gravità delle complicanze e migliorando gli esiti a lungo termine.

Non solo verdure ben lavate

Se la toxoplasmosi fosse l’unico pericolo per il tuo bimbo, questo sarebbe un mondo meraviglioso. Purtroppo non è così e bisogna agire di conseguenza, per ridurre al minimo i rischi e dare al tuo piccolo un futuro il più possibile radioso.

Lavi bene le verdure per evitare la toxoplasmosi, no? Allo stesso modo, puoi parlare con un consulente Sorgente senza impegno per scoprire come e perché conservare le cellule staminali del cordone ombelicale, un tesoro che potrebbe garantire una vita più serena a te e al tuo bimbo.

(Foto di Freepik)

Valuta l'articolo:

Quanto è stato utile questo post?

Cliccate su una stella per valutarla!

Valutazione media 0 / 5. Conteggio dei voti: 0

Nessun voto per ora! Sii il primo a valutare questo post.

(
0
(0)
)

Ti interesseranno anche