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Cellule staminali per trattare l'atrofia muscolare spinale

Cellule staminali per trattare l’atrofia muscolare spinale

13.07.2015

2 min di lettura

I ricercatori dell'Advanced Gene and Cell Therapy Lab del Royal Holloway, dell'Università di Londra, hanno usato tecniche pionieristiche nel trattamento delle cellule staminali per capire meglio il motivo per cui alcune cellule degenerano più facilmente di altre nei casi di atrofia spi[...]

I ricercatori dell’Advanced Gene and Cell Therapy Lab del Royal Holloway, dell’Università di Londra, hanno usato tecniche pionieristiche nel trattamento delle cellule staminali per capire meglio il motivo per cui alcune cellule degenerano più facilmente di altre nei casi di atrofia spinale muscolare.

L’atrofia spinale  muscolare è una malattia ereditaria devastante ed è una delle cause principali di decesso nella primissima infanzia; si tratta di una patologia neuromuscolare caratterizzata dalla progressiva morte dei motoneuroni, le cellule nervose del midollo spinale che impartiscono ai muscoli il comando di movimento.

Il team del dottor Rafael Yáñez della School of Biological Sciences ha riprogrammato cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs) per costringerle a creare dei motoneuroni, cioè neuroni del midollo spinale che controllano il movimento e la respirazione. Le cellule staminali pluripotenti indotte sono cellule create trattando le cellule provenienti da una biopsia della pelle, da un follicolo pilifero, o da quasi qualsiasi altra parte del corpo, con sostanze chimiche e geni in laboratorio.

I ricercatori hanno osservato che, durante il differenziamento delle cellule staminali pluripotenti indotte in neuroni motori, c’è stata una progressiva riduzione delle proteine del gene SMN (Survival Motor Neuron), responsabile della malattia. Questo cambiamento nella quantità di proteine prodotte, potrebbe sostenere, d’altra parte, un aumento di motoneuroni che nella malattia, invece, vengono distrutti.
Gli studi verteranno, adesso, sull’indagine dei motivi di questi cambiamenti e sulla progressione della ricerca di nuove terapie che tengano conto di queste modifiche nella quantità di proteine.

Fonte: The independent

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