Un team di Oxford ha sviluppato una nuova tecnica per identificare i trattamenti migliori contro il Parkinson. I ricercatori hanno usato delle cellule cerebrali come modello per la malattia, ottenute grazie a cellule staminali pluripotenti indotte ricavate da persone con il Parkinson. Hanno quind[...]
Un team di Oxford ha sviluppato una nuova tecnica per identificare i trattamenti migliori contro il Parkinson. I ricercatori hanno usato delle cellule cerebrali come modello per la malattia, ottenute grazie a cellule staminali pluripotenti indotte ricavate da persone con il Parkinson. Hanno quindi testato su di esse dei farmaci esistenti, pensati in origine per altre patologie. Grazie a questo approccio, gli scienziati potrebbero sviluppare trattamenti alternativi cui altrimenti non sarebbero mai arrivati.
I ricercatori hanno confrontato l’attività genetica di due gruppi di cellule cerebrali produttrici di dopamina, ovvero quelle che si perdono con la malattia. Le cellule del primo gruppo appartenevano a persone con il Parkinson, quelle del secondo a persone sane. L’operazione ha rivelato alcune differenze chiave tra i due gruppi, causa della morte delle cellule tra i soggetti malati. Agendo sulle attività genetiche incriminate, quindi, sarebbe forse possibile fermare la malattia o addirittura farla regredire. Invece di sviluppare un farmaco specifico ex novo, il team ha cominciato ad analizzare gli effetti di farmaci pensati per altre patologie.
Gli scienziati hanno usato un database globale, contenente informazioni sugli effetti di migliaia di farmaci di tutti i tipi. Hanno quindi selezionato quelle che agiscono sulle attività dei geni che provocano il Parkinson. In questo modo hanno trovato il clioquinol, una crema in origine pensata per le infezioni della pelle. Se preso per via orale, il clioquinol agisce anche sulle condizioni neurodegenerative come quelle proprie del Parkinson.
Il prossimo passo sarà ottenere un farmaco che abbia i benefici del clioquinol, senza però gli effetti collaterali. I ricercatori di Oxford continueranno inoltre a usare il metodo per identificare farmaci efficaci per il Parkinson. In questo modo potranno risparmiare tempo prezioso per sviluppare nuovi trattamenti.
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