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Sangue cordonale contro l’autismo? Partita una nuova ricerca

Sangue cordonale contro l’autismo? Partita una nuova ricerca

07.08.2016

2 min di lettura

La Duke University ha lanciato un trial clinico da 41 milioni di dollari sull’uso del sangue cordonale nel trattamento di autismo, paralisi cerebrale e disordini neurologici. I primi test riguardano 20 bambini, ma le fasi future mirano a coinvolgere 390 pazienti affetti da autismo, 100 bambini[...]

La Duke University ha lanciato un trial clinico da 41 milioni di dollari sull’uso del sangue cordonale nel trattamento di autismo, paralisi cerebrale e disordini neurologici. I primi test riguardano 20 bambini, ma le fasi future mirano a coinvolgere 390 pazienti affetti da autismo, 100 bambini con paralisi cerebrale e 90 adulti colpiti da ictus.

Il progetto si basa sulla ricerca della dottoressa Joanne Kurtzberg, a capo anche di questo studio. Secondo il medico, il sangue cordonale riduce i danni cerebrali nei bambini con encefalopatia ischemica ipossica. Nei modelli animali ha inoltre stimolato la connettività neurale. Il sangue cordonale ha infatti potenti funzioni antinfiammatorie e ordina alle cellule di provvedere alla riparazione dei tessuti. È però dubbio se sangue cordonale donato possa essere altrettanto di aiuto come quello del paziente stesso. I test mirano anche a chiarire questo punto.

Ricercatori di altre università hanno espresso perplessità riguardo la ricerca. Paul Knoepfler della University of California afferma che la ricerca potrebbe incontrare alcuni seri ostacoli. Il primo riguarda la possibilità che le cellule del cordone non arrivino al cervello. Se anche così fosse, Knoepfler mette in rilievo come l’autismo sia di per sé un insieme di disturbi diversi. La stessa origine della patologia è ad oggi poco chiara, il che spinge il professore a dubitare che le cellule staminali possano essere di aiuto.

In ogni caso, la ricerca si concentra anche su altri tipi di disturbi. I test sapranno dire se le infusioni di sangue cordonale porteranno benefici almeno in alcuni di questi casi.

Fonte: the-scientist.com

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