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Dalle staminali mesenchimali, una speranza contro l’aGvHD

Dalle staminali mesenchimali, una speranza contro l’aGvHD

10.06.2025

3 min di lettura

Un team di ricerca tedesco sta elaborando una terapia a base di cellule mesenchimali contro la malattia acuta del trapianto contro l’ospite

La terapia nasce per contrastare gli effetti della malattia, quando nemmeno i trattamenti a base di steroidi o di ruxolitinib riescono ad arginare il problema. Potrebbe essere una svolta per i tanti che non trovano un donatore compatibile.

Solo in Italia, vivono più di 2.000 persone in attesa di trapianto di midollo osseo. Per molti di loro, la notizia di un donatore compatibile significherebbe un nuovo inizio, l’occasione di abbandonare una vita fatta di ospedali e di dolore. Eppure, non per tutti è così.

C’è una ragione, se il trapianto di midollo osseo è tanto complesso: al contrario del sangue cordonale, il midollo richiede una compatibilità pressoché perfetta. Se non si trova un donatore abbastanza compatibile, però? In quel caso, o si aspetta o ci si accontenta di un donatore un po’ meno perfetto, accettando i rischi.

Il tempo è un lusso che non tutti hanno.

Quando si trapianta un midollo osseo non del tutto compatibile, può sorgere la cosiddetta malattia acuta del trapianto contro l’ospite (aGvHD). Semplificando, il nuovo sistema immunitario non riconosce l’organismo nel quale è stato trapiantato e fa ciò che gli riesce meglio: attacca. Ciò causa danni più o meno gravi a tutti gli organi del paziente e, se non si riesce a fermare, porta addirittura alla morte.

Esistono diverse terapie per arginare il problema, molte delle quali a base di steroidi o di ruxolitinib. Purtroppo, non sempre bastano e, come detto, non tutti possono aspettare un donatore compatibile o hanno staminali del cordone a disposizione. È qui che entra in gioco un nuovo trattamento a base di cellule stromali mesenchimali.

Oltre alle proprietà rigenerative tipiche delle staminali, le cellule mesenchimali hanno proprietà immunoregolatrici. Un team di ricerca tedesco ha deciso di sfruttare questa caratteristica contro l’ aGvHD, per arginare la reazione del nuovo sistema immunitario.

Il trattamento si chiama MSC-FFM ed è un farmaco a base di mesenchimali con diverse classi di antigeni HLA, elaborate e potenziate in vitro prima di venire crioconservate. Al bisogno, è possibile scongelare il farmaco e iniettarlo endovena nel paziente; il trattamento viene ripetuto una volta a settimana per un mese, con dosaggio variabile a seconda del peso di chi lo riceve.

La fase 3 del trial clinico è ancora in corso, ma i risultati raccolti tra il 2017 e il 2024 paiono essere promettenti. Il team ha usato MSC-FFM su 242 pazienti adulti, che avevano ricevuto trattamenti convenzionali per l’aGvHD senza alcun risultato; ne hanno valutato la risposta 28, 60 e 180 giorni dopo la prima dose.

Per il momento, il tasso di efficacia si aggira attorno al 50%. Sembra poco? Non lo è. Per niente.

I pazienti in questione erano in una condizione così disperata da non poter attendere un donatore compatibile, nonostante i rischi. Una volta avvenuto il trapianto, nessuna terapia aveva avuto effetto sull’aGvHD. Le loro probabilità di sopravvivenza erano ridotte al lumicino, quasi inesistenti.

Con queste premesse, il 50% è tantissimo.

Adesso non ci resta che attendere i risultati del nuovo trial e sperare: sperare che le percentuali di sopravvivenza siano ancora più alte; sperare che sempre meno persone muoiano perché nessuno ha dato loro ciò che, ad ogni parto, finisce puntualmente nella spazzatura.

Fonte: sciencedirect.com

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