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Ipotiroidismo e gravidanza

ipotiroidismo e gravidanza

L’ipotiroidismo in gravidanza interessa circa il 3% delle gestazioni: un problema abbastanza diffuso da prestarci attenzione. Le disfunzioni della tiroide aumentano il rischio di preeclampsia e di aborto spontaneo e, qualche volta, possono addirittura provocare danni neurologici nel feto.

Nonostante i rischi collegati all’ipotiroidismo, gran parte delle donne interessate non riconosce i sintomi tipici del disturbo. Queste future mamme scambiano i sintomi per malesseri tipici della gestazione, scoprendo la disfunzione solo grazie ai test consigliati in gravidanza.

Cos’è l’ipotiroidismo?

Facciamo un passo indietro: cos’è l’ipotiroidismo e quali sono le cause? È qualcosa che puoi cercare di evitare, come alcune forme di diabete gestazionale?

La tiroide è la ghiandola che controlla gran parte delle attività metaboliche, nel nostro organismo. Gli ormoni che rilascia rielaborano i nutrienti del cibo, determinando se vanno trasformati in energia per le cellule o trasformati in riserve di grasso. Ecco perché le disfunzioni della tiroide influenzano la salute dell’intero organismo, specie in gravidanza.

Come accennato sopra, si calcola che circa il 3% delle donne in gravidanza soffra di ipotiroidismo. Eppure, solo lo 0,5% ne riconosce i sintomi fin da subito; in tutti gli altri casi si parla di ipotiroidismo subclinico, ovvero senza sintomi evidenti. Inoltre, l’ipotiroidismo si manifesta con: stanchezza, stitichezza, aumento di peso; sintomi comuni anche nelle gravidanze fisiologiche.

Il modo migliore per prevenire l’ipotiroidismo – non solo in gravidanza – è mangiare in modo variegato e usare sempre il sale iodato, anche se con moderazione. Una delle cause più frequenti della malattia, specie durante la gestazione, è infatti la carenza di iodio. Possono però intervenire anche fattori congeniti e malattie autoimmuni, come la tiroide di Hashimoto.

Ipotiroidismo in gravidanza: quando preoccuparsi

Tra i tanti esami del sangue che si fanno in gravidanza, c’è anche quello dei livelli di TSH. Semplificando al massimo, il TSH è l’ormone che regola la produzione degli ormoni tiroidei T3 e T4.

Quando T3 e T4 raggiungono i livelli necessari, l’organismo smette di rilasciare TSH. Se invece gli ormoni tiroidei rimangono bassi, continua a rilasciare TSH nel tentativo di stimolare la produzione di T3 e T4. Ecco perché alti livelli di TSH sono sintomo di ipotiroidismo: indicano una carenza di T3 e T4, cui l’organismo cerca di supplire.

In una donna adulta sana, i livelli di TSH variano da 0,4 a 2,5 µU/ml; ci possono essere delle variazioni in base alla persona, ma i livelli non dovrebbero mai superare i  5 µU/ml.

Nel caso dell’ipotiroidismo clinicamente evidente, gli esami mostrano alti livelli di TSH e bassi livelli totali di T3 e T4 (rispettivamente meno di 1,1 nmoli/L e di 60 nmoli/L). Nel caso dell’ipotiroidismo subclinico, invece, il TSH è alto ma T3 e T4 hanno livelli nella norma.

Ipotiroidismo e gravidanza: i rischi connessi allo sviluppo del feto

Quando si parla di ipotiroidismo, i rischi maggiori per il feto si hanno nel primo trimestre: in questa fase, il feto usa gli ormoni tiroidei della madre che attraversano la barriera placentare; comincia a produrre i propri solo tra la 9a e la 12a settimana di gestazione. I problemi sorgono quando la madre non ha abbastanza ormoni sia per sé sia per il feto.

Durante le prime settimane, gli ormoni tiroidei materni aiutano lo sviluppo di tutti i tessuti fetali e, in particolare, di quelli che formeranno il sistema nervoso centrale. La carenza di ormoni si ripercuote quindi sullo sviluppo cerebrale, aumentando il rischio di futuri problemi neurologici nel neonato.

L’ipotiroidismo comporta dei rischi per il feto anche più avanti nella gestazione, benché più indiretti. La carenza di ormoni tiroidei aumenta il rischio di pressione alta e preeclampsia nella madre. Questi due disturbi si ripercuotono a propria volta sul feto, aumentando le probabilità di un parto pretermine o addirittura di un aborto spontaneo.

L’ipotiroidismo subclinico è rischioso?

I medici stanno ancora dibattendo sul ruolo dell’ipotiroidismo subclinico in tutto questo: comporta comunque dei rischi per il feto, nonostante i livelli di T3 e T4 siano nella norma? I risultati degli studi sono controversi, anche se invitano sempre alla cautela.

Alcuni studi rilevano dei rischi per il feto anche in caso di ipotiroidismo subclinico, benché meno marcati rispetto a quelli dell’ipotiroidismo clinicamente evidente. Nelle donne affette da questa forma di disfunzione, pare che ci sia un aumento del rischio di preeclampsia; inoltre, i bambini sarebbero più soggetti a crescere con un QI basso. D’altra parte, altri studi sembrano smentire tutto questo.

Secondo una meta analisi del 2016, il problema potrebbe stare nella definizione stessa di ipotiroidismo subclinico. Autori diversi in studi diversi usano infatti parametri differenti, il che potrebbe spiegare l’apparente controversia.

I livelli ottimali di TSH cambierebbero in base all’etnia e all’età della madre, influenzando così anche il punto in cui si può cominciare a parlare di “ipotiroidismo subclinico”. Tenendo conto di questi fattori, pare che livelli troppo alti dell’ormone abbiano davvero conseguenze negative sul feto. Come detto, però, gli studi sono ancora in corso.

Ipotiroidismo in gravidanza e aumento di peso

L’aumento di peso in gravidanza si dovrebbe tenere entro i 12 kg, in una donna normopeso: solo feto e utero pesano da soli 6 kg circa; a questi si sommano la ritenzione idrica, l’aumento di volume del seno, 2 o 3 kg di massa grassa in più. Se la mamma sta bene, le basterà un po’ di dieta e di esercizio fisico per perdere peso dopo la gravidanza. Questo non sempre vale, nelle donne che soffrono di ipotiroidismo.

Il funzionamento della tiroide è legato al metabolismo: se la tiroide è iperattiva, l’organismo trasforma tante calorie in energia e ne immagazzina poche. Al contrario, con una tiroide poco attiva gran parte delle calorie si trasformano in riserve di grasso. Per questa ragione, l’ipotiroidismo è spesso legato a un aumento di peso sproporzionato rispetto alle calorie assunte.

In gravidanza, un aumento eccessivo di peso (oltre i 12 kg visti sopra) può essere un sintomo di ipotiroidismo. Di solito si accompagna a una strana intolleranza al freddo, oltre che a costipazione e stanchezza cronica; questi ultimi due sintomi sono però tipici anche delle gravidanze fisiologiche. In casi del genere, è quindi consigliato misurare i livelli di TSH e degli ormoni tiroidei.

Ecco una tabella con i valori di aumento di peso raccomandati durante la gravidanza in base al BMI pre-gravidanza:

Settimane di gravidanza BMI < 18,5 (sottopeso) BMI 18,5-24,9 (normopeso) BMI 25-29,9 (sovrappeso) BMI > 30 (obeso)
0-12 0,5-2 kg 0,5-2 kg 0,5-2 kg 0,5-2 kg
13-20 0,3-0,5 kg/settimana 0,3-0,5 kg/settimana 0,2-0,4 kg/settimana 0,2-0,4 kg
21-30 0,4-0,5 kg/settimana 0,3-0,5 kg/settimana 0,2-0,3 kg/settimana 0,2-0,3 kg
31-40 0,4-0,6 kg/settimana 0,3-0,5 kg/settimana 0,2-0,3 kg/settimana 0,1-0,3 kg

È importante notare che questi sono solo valori di riferimento e il peso reale che una donna guadagna durante la gravidanza può variare notevolmente.

I consigli medici

Qualora la madre soffra di ipotiroidismo già prima della gravidanza, è bene che concordi una terapia con il proprio medico per ridurre al minimo i rischi per il bambino.

In casi del genere, l’endocrinologo potrebbe aumentare le dosi di tiroxina, per assicurare il corretto funzionamento della tiroide nelle primissime fasi della gestazione. Anche dopo il primo trimestre, i livelli ormonali vanno controllati ogni 6-8 settimane.

Alle donne che non hanno problemi di tiroide conclamati, si consiglia comunque di misurare periodicamente i livelli di TSH. I cambiamenti ormonali della gravidanza, infatti, possono influenzare il funzionamento della tiroide. Inoltre, c’è sempre la possibilità che la donna soffrisse di ipotiroidismo subclinico senza saperlo.

 

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