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Cellule staminali contro la proliferazione dei tumori
Cellule staminali e diabete: potrebbero rappresentare una nuova speranza per il diabete
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Cellule staminali e microvescicole per veicolare chemioterapici

La ricerca in vitro, applicata a un modello tumorale particolarmente aggressive, indica che le cellule staminali mesenchimali, caricate del farmaco, e le microvescicole da esse prodotte possono essere utilizzate come “veicoli” fisiologici efficaci per co[...]

La ricerca in vitro, applicata a un modello tumorale particolarmente aggressive, indica che le cellule staminali mesenchimali, caricate del farmaco, e le microvescicole da esse prodotte possono essere utilizzate come “veicoli” fisiologici efficaci per contrastare la proliferazione tumorale. E’ noto che le staminali mesenchimalim presenti in molti tessuti umani adulti, sono in grado di rigenerar. Recentemente, si è scoperto che queste stesse cellule possono essere utilizzate anche come “veicoli” per trasportare farmaci e avere una maggiore efficacia terapeutica grazie alla loro specifica capacità di raggiungere in modo mirato l’organo malato. Le cellule mesenchimali possono essere infatti “caricate” con farmaci chemioterapici e successivamente utilizzate con efficacia per il trattamento dei tumori. La novità del lavoro, coordinato da Augusto Pessina, professore di Microbiologia all’Università degli Studi di Milano, da Giulio Alessandri dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta”e da Luisa Pascucci della Università degli Studi di Perugia sta nell’aver dimostrato, per la prima volta, che il farmaco antineoplastico Paclitaxel, assunto dalle cellule, è successivamente rilasciato non solo in forma libera, ma anche all’interno di microvescicole e/o esosomi. Infatti, lo studio eseguito “in vitro” su un modello tumorale particolarmente aggressivo come il carcinoma pancreatico suggerisce che le microvescicole derivate da cellule mesenchimali rilasciano il farmaco a concentrazioni efficaci, contrastando la proliferazione tumorale. “Sebbene lo studio coordinato dal professor Pessina – sottolinea Eugenio Parati, co-autore del lavoro e direttore del Dipartimento di malattie cerebrovascolari dell’Istituto Neurologico “Carlo Besta” – abbia prevalentemente riguardato l’aspetto oncologico, l’uso di questo dispositivo, in futuro, potrà estendersi ad altre patologie, quali per esempio l’Ictus. E’ importante sottolineare che non si tratta ancora di una terapia disponibile nella pratica clinica quotidiana ma rappresenta una novità molto promettente per tutte quelle malattie o traumi del cervello in cui è necessario portare un farmaco alle giuste concentrazioni a tessuti che per posizione o altre ragioni sono molto difficili da raggiungere”.
Fonte: affaritaliani.it

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