Un team dell’Università di Bristol ha elaborato un nuovo bio-ink, utile per stampare impalcature 3D per le cellule staminali. Lo studio si concentra in particolare sulle cellule necessarie per la produzione di ossa e cartilagine. I tessuti così ottenuti potrebbero essere usati in chirurgia, per intervenire su ginocchio e anca.

Il bioprinting 3D è un settore promettente in ambito medico. Le limitazioni indotte dai materiali ostacolano però una sua completa applicazione. Infatti al momento manca un materiale adatto a far crescere le cellule staminali e a mantenerle in vita per lunghi periodi. Quindi le stampanti 3D permettono di stampare l’impalcatura, ma il materiale usato per la stampa impedisce alle cellule di riprodursi a dovere e di formare il tessuto desiderato.

Il nuovo bio-ink dell’Università di Bristol è ricco di cellule staminali e contiene due polimeri. Un polimero è sintetico, mentre l’altro è estratto dalle alghe. Quello sintetico fa in modo che la struttura si solidifichi, quello naturale sostiene i nutrienti cellulari. La formulazione consente di formare architetture complesse e gli bastano 37° per passare dallo stato liquido a quello di gel. In questo modo riesce a mantenere la sua forma anche quando immerso nelle sostanze nutritive, senza però danneggiare le cellule.

Una volta introdotti i nutrienti delle cellule, la struttura espelle il polimero sintetico. Rimangono così solo il polimero a base di alghe e le cellule staminali. I vuoti lasciati dal polimero consentono inoltre un accesso dei nutrienti più efficiente. Nel giro di alcune settimane le cellule staminali, nutrite e stimolate a diventare osteoblasti e condrociti, formano strutture di cartilagine e ossa.

Fonte: stampa3dstore.com