A partire dalle cellule staminali di pazienti affetti da leucemia, i ricercatori del Princess Margaret Cancer Centre hanno sviluppato un’impronta di 17 geni. L’impronta consente di misurare le risposte dei pazienti ai trattamenti tradizionali. È così possibile decidere per tempo se sia necessario optare per terapie diverse. Un modo per risparmiare tempo prezioso, mettendo da parte fin da subito le strategie fallimentari.

Il biomarcatore si chiama LSC17 e deriva da cellule staminali malate, in grado di resistere ai trattamenti standard. È a causa di queste cellule se a volte, nonostante un’iniziale remissione, si assiste a una recidiva del tumore. Gli autori l’hanno usato per individuare i pazienti più a rischio, sui quali le terapie standard sono di solito meno efficaci. Si tratta di una situazione molto comune quanto si parla di leucemia mieloide acuta. È infatti una delle forme di leucemia più pericolose: si manifesta soprattutto tra gli adulti e il tasso di sopravvivenza nei cinque anni successivi è tra il 20% e il 30%.

I ricercatori hanno identificato LSC17 a partire dal midollo osseo di 78 pazienti. Per trovarlo hanno usato rigorosi approcci statistici, così da individuare i geni collegati alle condizioni cliniche più critiche. Là dove i medici hanno constatato un alto punteggio LSC17, infatti, hanno rilevato anche maggiori difficoltà di risposta alle terapie tradizionali. Questo anche in pazienti che erano passati attraverso un trapianto di cellule staminali.

Per misurare LSC17 i ricercatori si sono avvalsi della piattaforma NanoString. Nonostante i risultati qualitativamente di alto livello, il punto forte del metodo sta nella rapidità. Il punteggio LSC17 è al momento il biomarcatore prognostico più potente per la leucemia mieloide acuta. Se i trial clinici dovessero dare buone risposte, si avrebbe uno strumento inestimabile nella lotta contro il cancro

Fonte: news-medical.net