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Staminali cordonali: cosa dice la scienza?
Le cellule staminali del cordone ombelicale curano l’ipertensione polmonare in una bambina
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bambina

Immagina di vivere in un mondo quasi del tutto privo di aria: ogni singolo respiro è una lotta, un tentativo disperato di prendere quel tanto che basta di ossigeno per arrivare al respiro successivo. L’aria che respiri è così preziosa da costringerti a risparmiarla il più possibile, centellinandola come le monete di un borsellino quasi vuoto.

Ogni volta che espiri, ti chiedi se riuscirai a inspirare di nuovo.

Non è l’inizio di un libro di fantascienza o di un horror: questa era la vita di una bambina tedesca di cui non conosciamo il nome. Aveva appena 3 anni e non sapeva quanto è dolce respirare a pieni polmoni; secondo i medici, c’era il rischio che non lo scoprisse mai.

La piccola soffriva di una forma congenita di ipertensione polmonare: alcune arterie erano in parte bloccate a causa di una malformazione, quindi il sangue faceva più fatica a scorrere dentro di esse. Ciò aumentava la pressione sanguigna dentro i polmoni, rendendo sempre più difficile respirare. In più, il cuore era costretto a fare molta più fatica del normale, per pompare il sangue; presto o tardi, non avrebbe più tollerato la pressione e avrebbe semplicemente smesso di battere.

Non esisteva (e non esiste) una terapia risolutiva per una malattia del genere, specie per una bambina così piccola. I medici comunicarono ai genitori che serviva un trapianto di polmoni, altrimenti la piccola non avrebbe mai compiuto 4 anni. Poi arrivò il Dott. Georg Hansmann.

I genitori della bambina avevano avuto una seconda figlia. Dati i problemi avuti con la prima, avevano deciso di conservare il sangue cordonale della seconda: la vita aveva dimostrato abbondantemente di essere piena di imprevisti.

Il medico fece crescere le staminali del cordone in vitro, conservando il liquido di coltura ogni volta che andava cambiato. Una volta raccolto abbastanza liquido, lo infuse dentro i vasi sanguigni della bambina e dentro il suo cuoricino.

Era una terapia sperimentale: sarebbe potuta andare malissimo. Invece, le cose cominciarono a cambiare per il meglio: la bambina ritrovò pian piano il respiro, cominciò a muoversi di più, perfino a crescere in altezza. La malattia non era scomparsa, ma la pressione si era ridotta e il cuore aveva ritrovato un po’ di energia.

Oggi la bambina ha 6 anni e sì, soffre ancora di ipertensione polmonare. Dovrà sottoporsi a terapie per tutta la vita oppure, si spera, fin quando non verrà scoperta una cura risolutiva.

Quanto meno, però, adesso può aspettare.

Fonte: newscientist.com

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