Un gruppo di ricercatori della Oregon Health and Science University ha esaminato le cellule di alcuni volontari ultra settantenni. È emerso che le cellule staminali pluripotenti indotte derivate da queste cellule presentano più mutazioni, il che ne potrebbe influenzare le funzioni. Le mutazioni sono presenti in particolare nel DNA dei mitocondri, organelli che si occupano della respirazione cellulare e dotati di un proprio genoma.

Il gruppo di scienziati ha sequenziato il DNA dei campioni prelevati dai volontari. Dopodiché ha convertito le cellule in cellula staminali pluripotenti. Esaminando il DNA di alcune cellule risultanti prese a caso, gli scienziati hanno rilevato un gran numero di mutazioni nei mitocondri. Le mutazioni sono molte di più di quelle rilevate in cellule staminali ottenute con lo stesso metodo, ma da cellule di volontari più giovani. Alcune di queste potrebbero inoltre influenzare le funzioni stesse delle cellule, nel caso in cui fosse trapiantate in un paziente.

Gli autori dello studio suggeriscono di selezionare con più attenzione le cellule da usare, scegliendo quelle con i mitocondri migliori. Ci sarebbe inoltre un metodo che darebbe risultati più sicuri. La tecnica prevede il trasferimento del nucleo della cellula vecchia in una più giovane. Dopodiché la cellula alterata viene usata per generare un blastocito, il primo stadio dell’embrione umano. Il blastocito contiene i mitocondri del donatore giovane, ma il nucleo con il DNA di quello più vecchio. La tecnica è però molto più complicata di quella usata al momento.

Lo studio mette in discussione l’idea di usare a tutti i costi le cellule del paziente stesso per i trattamenti. Secondo i ricercatori, la strada migliore sarebbe creare una sorta di banca delle cellule staminali pluripotenti indotte. In questo modo i pazienti più anziani potrebbero ricevere un trapianto di staminali dai donatori più compatibili.

Fonte: nature.com