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La storia di Sofia, “salvata” dalle staminali della sorella

La storia di Sofia, ragazzina di tredici anni della provincia ucraina di Khmelnytskyi, può essere considerata un miracolo. Nel 2009 la piccola Sofia non aveva ancora compiuto tre anni e i suoi genitori, Aleksandr e Nadezhda, erano in attesa di un altro bambino. Intanto si godevano la vita tranquillamente tutti e tre. Tutto cambiò in un tragico giorno di febbraio: Sofia cadde sul ghiaccio e rimase senza respirare per più di mezz’ora. In ospedale Sofia entrò in coma. “Sofia era in coma indotto per via delle convulsion incompatibili con la vita e il suo cuore rischiò di fermarsi” ricorda la madre con orrore. Il medico di Sofia, Vladimir Bochek, neuropatologo presso l’Ospedale del distretto centrale di Polonne, spiegò ai genitori che le condizioni della bambina erano state valutate “critiche”. La diagnosi fu: “danno ipossico cerebrale”. In altre parole, Sofia soffriva di continue convulsioni, ipertonia muscolare delle gambe e delle braccia ed era nutrita da un catetere. Sofia rimase tre mesi in terapia intensiva senza alcun miglioramento. All’epoca la mamma di Sofia era anche in attesa di una seconda bambina. “Mio padre mi suggerì di conservare il sangue del cordone ombelicale della bimba che aspettavo per poterlo eventualmente utilizzare in un secondo momento” ricorda la mamma di Sofia. La famiglia contattò allora la società HEMAFUND, la più moderna banca del sangue cordonale dell’Ucraina e, non appena fu ordinato il contenitore per la raccolta del sangue cordonale, la madre di Sofia iniziò il travaglio pretermine. Fortunatamente, il container fu consegnato appena un’ora prima della nascita di Maria e l’ostetrico riuscì a raccogliere il sangue cordonale. “Era come se tutto ci spingesse a conservare e ad usare il sangue cordonale”, ricorda la madre della ragazzina. Così il kit di prelievo del sangue cordonale fu recapitato in ospedale un’ora prima che nascesse Maria e le sue cellule furono crioconservate senza problemi.

La banca del sangue cordonale familiare HEMAFUND commenta: “Come possiamo vedere, nella nostra banca negli ultimi anni è aumentato sia il numero di genitori che conservano il sangue cordonale, sia il numero di prelievi di depositi allo scopo di curare la paralisi cerebrale, l’autismo ecc. Tali casi mostrano quanto sia importante la decisione di preservare il sangue cordonale e il cordone ombelicale. Questa decisione può essere presa solo una volta nella vita, ovvero al momento del parto”. Il sangue e il tessuto del parto sono spesso eliminati immediatamente dopo la nascita del bambino. Tuttavia, i genitori possono scegliere di salvare il sangue del cordone ombelicale in una banca di famiglia e di usarlo in futuro per curare il bambino o i parenti prossimi. E’ dal 1988 che queste cellule vengono usate in clinica ma solo dal 2005 vengono testate per patologie neurologiche “Sicuramente c’erano dei dubbi, dato che non capivamo se il sangue del cordone della sorella fosse compatibile con il trattamento di Sofia. Anzi, c’erano più domande che risposte”, commenta Nadezhda, la madre di Sofia. Ma la fortuna quella volta giocò a favore e le due sorelline risultarono compatibili.

La famiglia aveva trascorso mesi alla ricerca di qualsiasi tipo di medicina che avrebbe potuto alleviare le condizioni di Sofia, ma nulla funzionava e fino ad allora c’erano stati pochi miglioramenti. Dopo vari tentativi di cure farmacologiche senza risultati, i genitori di Sofia decisero di trasfondere per endovena le cellule staminali di Maria, la sorellina più piccola.

“Dopo la prima trasfusione del sangue cordonale, le condizioni cliniche iniziarono a migliorare“ conferma il dott. Vladimir Bochek.

Non c’era più nessuna traccia di deficit neurologico e di convulsioni, una condizione rara per pazienti con diagnosi cosi grave e, inoltre, due mesi dopo Sofia fu anche in grado di deglutire da sola per la prima volta dopo l’incidente. Oltre al trattamento del sangue cordonale, Sofia si è costantemente sottoposta a vari programmi di riabilitazione. Tuttavia, secondo la madre di Sofia, è stato il sangue cordonale a rivelarsi “l’elisir di vita” che ha spinto il suo corpo a riprendersi: “Le cellule staminali del sangue cordonale sono come un dottore intelligente: quando entrano nel corpo si riversano dove sono necessarie e iniziano a trattare.”

Oggi Sofia ha tredici anni, frequenta la terza media ed è una bambina felice. Partiva da una condizione di paralisi totale e, a dieci anni di distanza, dopo due trasfusioni con le cellule di Maria (di cui la seconda a distanza di un anno dalla prima) adesso conduce una vita normale.  Soffre ancora di problemi della parola, ma frequenta la scuola e comunica con i suoi compagni.  “Sofia ha dei problemi con la matematica ma non è detto che non li avrebbe avuti anche senza l’incidente” scherza la madre.

“Oggi la nostra Sofia è una bambina normale. L’unica cosa che ci ricorda la tragedia sono le difficoltà del linguaggio “, aggiunge la madre. Sofia ora ha anche quattro fratelli più piccoli, due fratelli e due sorelle e i genitori hanno conservato le cellule da cordone ombelicale per ognuno di loro.

Ci teniamo a raccontarvi questa storia perché ogni campione di sangue cordonale destinato ai rifiuti biologici è una perdita e perché ricordiamo sempre quanto sia importante la conservazione delle cellule staminali per tutta la famiglia.

 

Fonte: https://parentsguidecordblood.org/en/news/sofias-story-cord-blood-rescue-drowning

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