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Cellule staminali autologhe per la cura della Beta Talassemia con terapia genica

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Cellule staminali autologhe per la cura della Beta Talassemia con terapia genica

Pubblicati i risultati di una ricerca pubblicata sul New England Journal of Medicine a prima firma del professor Locatelli. Partita nel 2016, è stata condotta in nove centri tra Italia, Francia, Germania, Tailandia, Regno Unito e Usa e ha coinvolto 23 pazienti con beta talassemia dipendenti dalla trasfusione: 8 bambini con meno di 12 anni e 15 persone dai 12 ai 50 anni. Il Bambin Gesù ha contribuito in maniera consistente, trattando un terzo dei pazienti arruolati

Un’opportunità terapeutica in più per i pazienti con beta talassemia. È quanto emerge dai risultati di una sperimentazione clinica pubblicata sul New England Journal of Medicine.

Lo studio, di cui Franco Locatelli, direttore del dipartimento di Onco-Ematologia e Terapia Cellulare e Genica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma è primo firmatario, ha mostrato come il 90% dei pazienti trattati con un approccio di terapia genica non ha bisogno delle trasfusioni.

La beta talassemia è dovuta a mutazioni a carico del gene HBB che possono causare una ridotta o assente sintesi delle catene beta dell’emoglobina. Ciò causa un’anemia potenzialmente letale che deve essere curata con trasfusioni regolari.

La terapia genica oggetto dello studio si chiama Betibeglogene autotemcel (beti-cel) e corregge questo difetto nelle cellule staminali ematopoietiche del paziente aggiungendo copie funzionanti del gene.

La sperimentazione, partita nel 2016, è stata condotta in nove centri tra Italia, Francia, Germania, Tailandia, Regno Unito e Usa e ha coinvolto 23 pazienti con beta talassemia dipendenti dalla trasfusione: 8 bambini con meno di 12 anni e 15 persone dai 12 ai 50 anni. Il Bambin Gesù ha contribuito in maniera consistente, trattando un terzo dei pazienti arruolati.
I risultati del trial hanno mostrato che il trattamento “è in grado di determinare l’indipendenza trasfusionale nel 90% dei soggetti trattati. È stato inoltre in grado di determinare il raggiungimento di valori di emoglobina molto consistenti in una percentuale elevata dei pazienti che hanno ottenuto l’indipendenza trasfusionale.

Questo risultato è persistente nel tempo”, dice Locatelli all’Ansa. “Quando si hanno dei dati di follow up così importanti si può parlare di guarigione”, aggiunge.

Attualmente la terapia betibeglogene autotemcel è approvata dall’Ema per le persone dai 12 in su con una specifica caratteristica genetica (genotipo non-beta0/beta0) che hanno bisogno di trasfusioni e non abbiano condizioni incompatibili con il trapianto (per esempio problemi cardiaci o epatici). Lo studio ha però mostrato ottimi risultati anche nei bambini con meno di 12 anni: “è quindi prevedibile che le agenzie regolatorie estendano le indicazioni anche ai bambini più piccoli”, afferma ancora Locatelli.

L’accesso al farmaco, tuttavia, al momento è complicato da disaccordi sul prezzo di rimborso tra l’azienda che ha sviluppato il prodotto e le agenzie del farmaco europee.

La terapia genica, tuttavia, non è l’unica terapia avanzata potenzialmente risolutiva della talassemia beta: “Abbiamo sviluppato un approccio basato sull’editing del genoma, attraverso cui viene riattivata la sintesi dell’emoglobina fetale, Anche con questa strategia abbiamo ottenuto risultati importantissimi: tuti i pazienti trattati hanno smesso di ricevere supporto trasfusionale”, conclude Locatelli.

Fonte: New England Journal of Medicine

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