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Nessuno investe più sui bambini farfalla

I bambini farfalla rischiano di non aprire più le ali. E i bambini in bolla di non uscire dall’involucro di plastica. Le loro malattie sono troppo rare, le cure troppo costose. Così le aziende farmaceutiche che per un po’ le hanno sostenute hanno deciso di staccare la spina. Se i bambini in bolla, per pura circostanza, potrebbero continuare a sostenersi su istituzioni dalle spalle forti come Telethon e San Raffaele, i bambini farfalla perderanno la biotech che fino a ieri preparava per loro una cura.

Holostem infatti è in liquidazione. L’azienda di Modena che è nata nel 2008 e si occupa di terapie avanzate in medicina rischia di licenziare i suoi 80 scienziati e smantellare i laboratori. La casa farmaceutica Chiesi ha deciso di ritirare la sua partecipazione. L’appoggio dell’università di Modena e della Regione non è sufficiente, e ora i soldi non ci sono semplicemente più. La malattia dei bambini farfalla – l’epidermolisi bollosa – non avrà più la cura che Holostem sta sviluppando. I per fortuna rari pazienti affetti dalle forme più estreme continueranno a morire prima dell’adolescenza, come accadeva prima che Holostem sperimentasse la terapia a base di cellule staminali trattate in modo da correggere il difetto del Dna.

L’epidermolisi bollosa è una malattia rara della pelle. La sua causa è genetica: il difetto di alcuni geni impedisce alla pelle di aderire allo strato sottostante, l’epidermide, lasciandola cadere e sfarinarsi come accade alle ali delle farfalle quando si prova a stringerle fra le dita. Correggendo i geni, è possibile risolvere il problema alla radice.

Ne sa qualcosa Hassan, il bambino di origine siriana curato in maniera definitiva da Holostem. Nel 2017 la sua storia si guadagnò la copertina della rivista scientifica Nature, e la foto del bambino di 9 anni che inseguiva un pallone dopo aver ricevuto una diagnosi di morte conquistò i cuori dei lettori dei giornali di tutto il mondo.

“Sta bene, abita in Germania, ha una vita serena” sorride Michele De Luca, lo scienziato dell’università di Modena e Reggio Emilia che ha fondato Holostem con Graziella Pellegrini. E’ l’unico sprazzo di buon umore che esce dai suoi occhi, perché la procedura di liquidazione avviata il 1° dicembre non lascia presagire nulla di buono. “Non c’è nessun altro al mondo in grado di curare questa malattia. Così come Holostem è l’unica al mondo capace di trattare alcune forme di cecità causate da ustioni totali della cornea”.

Nel 2015, proprio per questo tipo di cecità, l’Agenzia europea del farmaco aveva approvato il primo trattamento a base di cellule staminali al mondo: Holoclar. A metterlo a punto era stata Pellegrini all’interno di Holostem, con cellule staminali fatte replicare nei laboratori di Modena fino ad assumere la forma di una nuova cornea. Le persone che hanno recuperato la vista in questo modo sono diverse centinaia. A differenza del trattamento per l’epidermolisi, che è ancora in sperimentazione su 7 bambini, Holoclar è un prodotto abbastanza maturo anche per i gusti di una farmaceutica privata. Ma anche lui affonderà – al netto di interventi dell’ultimo minuto – insieme a Holostem, l’unica biotech al mondo in grado di realizzarlo.

“Abbiamo speso milioni di euro per mettere a punto queste terapie” riflette amaro De Luca. “Altri milioni per sperimentarle. Tutto questo è destinato a essere buttato via. Se un’azienda privata non è interessata a una malattia perché è rara e non genera profitto, è necessaria una strada alternativa. Viviamo in paesi attenti anche agli aspetti sociali, non solo ai soldi. Non possiamo lasciar morire delle persone solo perché la loro malattia è rara”.

Fonte: Repubblica

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Badalà/Lombardo (Cliente Sorgente)

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