Secondo uno studio pubblicato su JAMA Neurology, il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche porterebbe a una remissione a lungo termine della miastenia gravis, una malattia autoimmune che colpisce i muscoli. Lo studio è stato condotto su sette pazienti affetti da miastenia gravis in stadio avanzato. Hanno tutti raggiunto una remissione prolungata, completa e priva di sintomi, senza dover subire ulteriori trattamenti dopo il procedimento.
Il trattamento mirava a sostituire il sistema immunitario autoreattivo con uno protettivo e autotollerante. I ricercatori hanno sottoposto i sette pazienti a chemioterapia ad alte dosi e alla somministrazione di anticorpi antilinfocitici. In questo modo hanno distrutto il sistema immunitario autoreattivo esistente. Per sostituirlo e ricostruire il midollo osseo, hanno usato cellule staminali ematopoietiche dei pazienti stessi. Queste erano state private delle ultime cellule immunitarie mature e mobilitate con i colony-stimulating factor ciclofosfamide e i granulociti.
I pazienti avevano in media 37 anni al tempo della diagnosi e 44 all’inizio del trattamento. Uno di loro aveva già subito terapie immunosoppressive intensive. Cinque presentavano anche malattie autoimmuni o linfoproliferative concomitanti, correlate al loro disordine immunitario. All’ultimo follow-up, 29-149 mesi dopo il trattamento, tutti i pazienti sono stati classificati come in remissione completa e stabile. Hanno tutti interrotto le terapie immunosoppressive entro 8 mesi dal trattamento e sei pazienti hanno completamente interrotto la terapia per la miastenia gravis.
La pesante immunosoppressione causata dal trattamento può portare a complicazioni a breve termine. Ciononostante, solo due dei pazienti hanno presentato infiammazioni della bocca, mentre tre hanno presentato una diminuzione dei granulociti neutrofili. In tutti i casi le condizioni sono risultate temporanee. Anche le complicazioni tardive, come riattivazioni virali transitorie in tre pazienti ed una malattia autoimmune secondaria in un paziente, si sono tutte risolte o stabilizzate. In ogni caso i rischi sembrerebbero essere minori rispetto ai benefici, pur essendo il trattamento molto invasivo.
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